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LA VOLPE DALLA CODA DI VELLUTO regia di José María Forqué

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Alpagueur     6 / 10  07/11/2020 12:51:59Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Che tu lo chiami "Ojo del huracan" (Spagna), "In the eye of the hurricane" (USA), "Lusty lovers" o "Suspicion" (UK), "La volpe dalla coda di velluto" (Italia), questo film inizia con molto stile e moralità tipici degli anni anni '70. In breve: una donna lascia il marito e si ritrova subito con un altro uomo. Ma il suo nuovo fidanzato ha uno strano amico che conosceva dalla "guerra", e anche lui sembra avere una sorta di relazione con la bella bisessuale della porta accanto. Nel frattempo il suo ex marito è ancora in agguato e qualcuno sembra stia cercando di ucciderla. Questo giallo piuttosto strano è uscito dopo che Dario Argento aveva stabilito il modello per il genere con "L'uccello dalle piume di cristallo" (1970). Stranamente, però, sembra essere un ritorno ai precedenti gialli di Umberto Lenzi e Carroll Baker come Orgasmo (1969), "Paranoia" (1970) o "Un posto ideale per uccidere" (1971). L'inizio è quasi imperdonabilmente lento con romantici longueurs di persone ricche e oziose molto belle che si divertono sulle bellissime spiagge della Costa Azzurra, mentre le melodie Europop degli anni '60 suonano nella colonna sonora (il film assomiglia quasi più a uno psico-thriller francese più pacato come "La Piscina" che a un giallo italo/spagnolo). La trama, quando finalmente prende il via, è in realtà piuttosto buona, ma questo film non è così deliziosamente stilizzato né è neanche lontanamente violento come il tipico giallo di quell'epoca. Ed è docile anche rispetto ai primi gialli per quanto riguarda il sesso, per es. c'è una scena lunga e ridicola in cui l'attrice protagonista cammina nuda ma la vista è sempre ostacolata da qualcosa (che assomiglia più a una gag da film comico). È difficile credere che tre anni (1974) dopo lo stesso regista spagnolo avrebbe fatto il super squallido "Provocazione" ("Beyond Erotica"). Il titolo cerca di discostarsi dalla banalità dei citati lenziani, ma lo fa attraverso una metafora "animalesca" che c'entra poco col plot...o meglio c'entra, ma l'animale scelto è quello sbagliato! (evito l'ovvio accostamento volpe=furbizia, mi pare talmente mortificante per il regista, anche considerato che il velluto della coda non si abbina a niente...mentre preferisco decisamente la simpatica e curiosa storiella raccontata dal personaggio più "insignificante" del film, che poi alla fine si rivelerà quello veramente più astuto, misterioso, intrigante ed intelligente dal punto di vista dello spettatore, e il cui "trauma" si ricollega in maniera significativa alla metafora). Insomma non abbiamo il serial killer argentiano ma almeno abbiamo un 'trauma' abbastanza originale e interessante (che purtroppo per ovvi motivi...storia da ménage à trois, musiche troppo soft etc... non viene enfatizzato o amplificato). E abbiamo anche una citazione latina (!) che fa bella mostra di se su un muro e che si ricollega a questo trauma, avvalorando la sottile e raffinata magnum opus di questo nostro simpatico terzo incomodo, all'inizio sottovalutato/ignorato da tutti e dato per pedina inutile, ma che poi zitto zitto alla fine passerà a riscuotere. Oltre alla volpe del titolo, non mi è piaciuta nemmeno la famosa sostanza tossica.

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Thriller italo/spagnolo docile ma divertente. Tuttavia, docile non si traduce necessariamente in cattivo. Questo film ha dei bei colpi di scena ed è piuttosto divertente quando inizia a bollire. Mi è piaciuta molto l'interpretazione di Maurizio Bonuglia ("Giornata nera per l'ariete", "L'arma l'ora il movente"...), ambiguo e cinico quanto basta ("altrochè se era una guerra vera, morti, imboscate, napalm" dirà a Ruth), inizia in sordina, ma si riscatta ampiamente nel finale (così come in Giornata nera). Certo resta il dubbio se fosse effettivamente lui il padrone della discoteca (Ruth ci andava ogni anno con Michel eppure la prima volta che lo vede chiederà Paul come mai non glielo avesse presentato), ma ci sta. La prima volta che ho visto questo film l'ho sottovalutato un po', devo dire che rivedendolo una seconda volta e cogliendo certe sfumature che mi erano sfuggite, ha un suo perchè. Film forse da 5 meno meno ma la metafora dei 3 leoni e il personaggio di Bonuglia/Roland valgono un punto in più. Anche le musiche (Piero Piccioni) non sono bruttissime, certo che quel titolo però...