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HUNGER GAMES: LA RAGAZZA DI FUOCO regia di Francis Lawrence

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sev7en     6½ / 10  27/10/2014 02:09:14Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Dopo aver vinto la 74 edizione degli Hunger Games, Katniss e Peeta tornano a casa ma negli altri distretti si e' ormai acceso il fuoco della ribellione ed i nostril sono richiesti per un "Tour" con il fine di sedarli. Il viaggio mostrera' loro che I tempi sono maturi per la rivolta e da glorificati si troveranno nuovamente… nell'arena.
Un anno di distanza ed un taglio netto, cesario, a quella che fu la squadra vincente capeggiata dal regista Gary Ross, separano i due lungometraggi ispirati alle novelle di Suzanne Collins, con un risultato che, almeno al box-office, ha premiato entrambe. In La Ragazza di Fuoco la regia e' affidata a Francis Lawrence, noto per opere di discreto successo come I sono Leggenda o Come l'acqua per gli elefanti, generi ben diversi che hanno attestato la capacita' del viennese di adattarsi a sceneggiature con tematiche impegnative. Questa sua maturita' si evince anche in La Ragazza di Fuoco che non potendo piu' fare leva sul fattore "sorpresa" del primo episodio si focalizza maggiormente sui tumulti, su cio' che accade tra la folla, su quei gemiti di rivolta che il Presidente Snow vorrebbe sedare a suon di parate come se il latino "panem et circenses" fosse la risposta universale ad ogni malessere.
Katniss e Peeta, quindi, nella prima parte ci offrono questo spaccato sul resto del mondo perche' le condizioni dei singoli distretti, per quanto confinati in compartimenti stagni, sono la realta' comune di una societa' con una rigida ripartizione tra ricchi (pochi) e poveri (molti), tra guelfi e ghibellini con riferimenti che abbiamo trovato di recente anche un'altra pellicola, The Purge. La demarcazione e' netta, ma si palesa piu' per i modi brutali in cui i vari "eroi" vengono messi a tacere con scene talvolta di una brutalita' gratuita…, che non, ad esempio, come risultato di un'analisi condotta dallo spesso spettatore attraverso la psiche e le sofferenze del malcapitato di turno. L'effetto non rende come dovrebbe e difatti nonostante il cast di all-stars a cui si e' aggiunto Philip Seymour Hoffman, si assiste ad un'ora e mezza di proiezione avvincente e senza cali di ritmo ma tutto, rigorosamente, "come da copione".
La seconda parte del film e' un flashback del primo capitolo in cui pero' in virtu' di questa visione "corale" del riscatto, la vittoria si ricerca con l'alleanza e non con il tradimento, cercando, in qualsiasi contesto, di imporre un momento sentimentale, un "fattore famiglia" e di "sacrificio", scelta che dopo il terzo siparietto, infastidisce e non poco. Il finale, invece, riporto alla memoria la trilogia dei fratelli Wachowski esattamente con le stesse spiacevoli sensazioni / imprecazioni di Matrix Reloaded.
Scenografia, costumi ed effetti speciali sono notevoli, alcuni panorami lasciano senza fiato ed anche l'accompagnamento sonoro mostra come il budget raddoppiato abbia permesso alla troupe di togliersi qualche sfizio in piu' senza, tuttavia, esagerare.