jack_torrence 9 / 10 24/01/2014 14:57:16 » Rispondi Grazie alla bravura della moglie, e di un Amalric che è l'inquietante sosia di Polanski stesso com'era 30 anni fa (all'epoca dell'inquilino del terzo piano), Polanski arriva a ottant'anni a girare, tutto raccolto dentro un'unica location, una pellicola che è la summa del suo cinema, e può intendersi, in questo senso, il suo testamento definitivo, o il suo capolavoro. Mettendosi in gioco personalmente come uomo, entro i limiti distanzianti del grottesco, è a rischio di essere tacciato di misoginia, per il modo in cui umilia il maschio (Ferreri docet) e al contempo eleva la donna a sovrumana portatrice di sciagura (Vanda è una biblica Lilith). In realtà è sopraffino assistere a come i piani scivolino fluidamente uno nell'altro, tesi e antitesi, realtà e finzione, persona e personaggio, accusa e apologia, in un trionfo di ambiguità che è di per sé claustrofobico. E' questa l'essenza del miglior Polanski: che con i suoi claustrofobici film prova a esorcizzare una profonda paura di ciò che è polimorfo, cangiante e inafferrabile, come la natura femminile è, e sempre sarà, agli occhi dell'uomo.