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REGOLE D'ONORE regia di William Friedkin

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Angel Heart     7 / 10  17/11/2013 15:06:35 » Rispondi
Potrà anche essere considerato un minore di Friedkin, ma tenete conto che un minore di Friedkin equivale al miglior lavoro nella filmografia del 70% dei registi operativi negli ultimi 30 anni.
Una delle cose che ha sempre distinto il regista di Chicago dagli altri colleghi è l'estremo realismo delle immagini e delle storie che racconta, mai vi capiterà di vedere un film di Friedkin scadere in facili retoriche, scorciatoie o sentimentalismi, neanche quando a sorvegliare sul suo operato ci sono grossi nomi o grosse produzioni. Non solo, ma anche da un genere visto e rivisto in tutte le salse come il legal il regista riesce ad evitare, per quanto possibile, di farsi etichettare con facilità nel mucchio dei "uno dei tanti".
Prima parte grandiosa, il regista si dimostra ancora una volta maestro nel saper dirigere con credibilissima verosomiglianza scene di guerra e soprattutto di rivolte (proprio come fece a suo tempo ne "Il Salario della Paura" - Sorcerer - nelle sequenze dei disordini a Gerusalemme prima e nella rivolta degli abitanti nel paesino latinoamericano dopo); seconda parte si passa appunto al dramma legale, le dinamiche sono sempre ed inevitabilmente le solite, ma Friedkin primo non si perde in lungaggini o nei classici teatrini da aula di tribunale, secondo, cosa ancor più importante, per tutta la durata del processo il regista non prende parti, rimane ambiguo e tiene lo spettatore nel dubbio più totale in modo da permettergli di decidere da solo se ciò che ha visto e vede sia giusto o sbagliato (e anche qui in passato Friedkin era riuscito a fare esattamente lo stesso con il sottovalutato "Assassino senza Colpa - Ritratto di un Serial Killer" con Michael Biehn).
Pure alla fine, quando il verdetto è già stato raggiunto e lo spettatore ha avuto quasi modo di farsi un quadro completo della situazione, si rimane sempre con un briciolo di dubbio se la sorte del protagonista abbia reso giustizia o meno.
Perciò, nonostante le premesse, è importante non avere pregiudizi o liquidare la pellicola con troppa facilità.
Che altro dire... ottimi Samuel L. Jackson e Tommy Lee Jones supportati da un discreto cast di contorno da dove spicca il volto da sberle di Guy Pearce.

Per essere un film hollywoodiano dove speranza e trionfo non possono mancare, è comunque più modesto della media; e se lo è, lo si deve interamente alla mano esperta e cinica di Friedkin, qui lontano dai capolavori che lo hanno reso celebre ma tutt'altro che pronto per la seduta in panchina.

Da vedere, se capita.