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LA FEBBRE regia di Alessandro D'Alatri

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7 / 10  18/04/2005 23:21:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
"Mi piacciono i tuoi pensieri. Profumano. E questo rende tutto più difficile"

Tanto vale confessarlo: per me D'Alatri è un autore interessante, anche se almeno uno scheletro nell'armadio ce l'ha, quel "Giardini dell'eden" che pochi hanno avuto la sventura di vedere.
E qui di carne al fuoco ce n'è troppa, eppure sono riuscito ad amare questo film così com'è. E il primo tempo, quante sensazioni: forse languide come una giornata di sole, forse fortemente (palesemente) vaccinate contro il terreno del dolore, che pure traspare, altrove compresse in una Cremona suggestiva e popolare, o bizzarra e provinciale come la Carpi di Radiofreccia del Liga. Fabio Volo o Mario (un nome che garantisce la risonanza dell'uomo comune) nei primi vagiti rappresenta un giovanilismo "sospetto" per la sua età ma poi è il solito trentenne che vive ancora con la mamma - come molti italiani - e se condivide usi e costumi (la lettera di raccomandazioni, la festa dei parenti a cui molti vorrebbero davvero sottrarsi) altrettanto sa ribellarsi. Modello Six Feet Under, lo splendido tv movie americano su una madre e i suoi tormentati figli con l'impresa di pompe funebri... Ecco la madre di D'Alatri è indubbiamente un omaggio a quella, confusa e finto-comprensiva del bellissimo telefilm... Ma non a caso vita e morte si incrociano, in più contesti (la morte di un ragazzo e di un collega di lavoro) e riflessi (i Sepolcri imbanchiati non solo del Foscolo ma dei più noti poeti della storia d'Italia, da Montale allo "scandaloso" Sandro Penna) Ma c'è anche un'Italia che a tratti perdura la sua sconfitta e le responsabilità sulle nuove generazioni, altrove le assolve, radicata tra la brutale scoperta del monolitismo di potere e il bisogno di incentivarlo a proprio favore. E' un'ambiguità di fondo che credo che D'Alatri abbia voluto sottolineare. Con talento, con finezza ma anche con furbizia anche altezzosa (si parla di poeti e non a caso come caratterista appare Arnoldo Foà, semplicemente il miglior lettore di poesie nazionale - partecipazione breve ma intensa come sempre) E' un piccolo miracolo di stile, "La febbre" cui pero' nuoce l'ossessione di risaltare certe forzature di troppo che soprattutto verso la fine finiscono per nuocere: il cinismo di Cerquetti, per es,, che strabuzza gli occhi con eccessiva crudeltà, non va preso troppo sul serio, sembra patologico tanto è effettisticamente odioso Il pugno del fratello - quello forte che va a combattere in Kossovo? - con tanto di abbraccio fraterno scade nel ridicolo, e fors'anche il congedo dal lavoro e dalla vita del collega (troppo frettoloso, troppo preoccupato di essere un Segno nella sceneggiatura) Poi pero' ripensa a Truffaut (Le matins) e imbastisce la storia d'amore che tutti vorrebbero avere, che ha ben poco dei conflitti sociali di Mario al comune, dei suoi ideali smarriti, smorzando la tensione In questo divario tra invettiva e licenza (tanto siamo nel campo della poesia, posso citare Dario Bellezza no?) tra i primissimi film di Olmi e una leggerezza à la Emmer, tra i sepolcri dei poeti e quelli del capofamiglia, i borghesi piccoli piccoli (il padre) che diventa presenza oscura opprimente severa ma anche lieve (la parata da banda strapaesana molto "el abrazo perdido"), tra gli s***** giovanili (tardivi) e l'amore tanto grande da meritare rime tipo "siediti. è festa. La tua vita è in tavola" D'Alatri commette l'errore di voler lenire le piccole e grandi ferite della vita, e di trovare uno sguardo puro - forse troppo - sulla generazione che racconta (che se non vive fino in fondo la propria dipendenza affettiva e ideologica vuol dire che qualcosa non funziona vero?) Insomma, siamo consapevolmente su un terreno minato dove la denuncia sociale si combatte attraverso l'elegia dell'uomo che cammina con le proprie gambe e miracolosamente ce la fa. Alla fine tutti ritrovano nella voglia di provincia il covo idealizzato, ma si fermano lì ai baci nottanbuli con la ragazza e alla raccolta differenziata (materiale riciclabile? immagino che sia la dimora delle intenzioni... frammenti di necessità mah) Ma non vorrei essere troppo severo: il film è gradevolissimo anche quando scende a passi con l'invettiva facile, con il compromesso falsamente pasionario ("per combattere il marcio bisogna farlo da dentro" - ma quando mai?). E poi c'è quella Cremona fotografata splendidamente, un Volo che ha le doti giuste per ispirare simpatia/empatia, e sì, un certo benessere che tutto sommato infonde questa storia. Anche nell'esecuzione di una romanza splendida del "Trovatore" o nel canto inquieto e sornione di troppi fantasmi in casa e di città
Invia una mail all'autore del commento paul  20/04/2005 22:22:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Kow, scusa, te l'ho già domandato...ma perchè non li metti in recensioni? Così ti guadagni la stelletta dello staff
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  20/04/2005 23:17:43Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Hai ragione, ma le rece preferisco riservarle a film di un certo "peso", impegnativi insomma... prima o poi mi decidero' a scrivere nelle rece di 2001 odissea nello spazio ma ci vuole fegato
djsbianco  21/04/2005 15:37:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ma quanto ca*** scrivi?ti ragione a priori senza leggere solo per lo sbattito!