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STILL LIFE (2013) regia di Uberto Pasolini

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hghgg     8½ / 10  22/05/2014 23:29:48Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Eh si, una delle più belle sorprese del 2013 cinematografico questo "Still Life" di tale Uberto Pasolini, uno che si porta dietro un cognome pesante come due macigni. E il tale Uberto qui tira fuori dal cilindro un film bellissimo, la perla che non ti aspetti, un atto di amore verso un cinema fatto di silenzi, di attese, di delicatezza e di emozioni sussurrate lentamente e pacatamente, che ti rapiscono a poco a poco e vengono poi lasciate a briglie sciolte nel finale, che è uno dei più dolorosi pugni nello stomaco che io abbia ricevuto da un film di questi anni '10 (mi viene in mente anche "Il sospetto" di Vinterberg).

C'è emozione vera, pura, mai forzata, mai cercata con poco garbo, eppure colpisce con forza inaudita. Il lavoro di Pasolini è stato straordinario. In un cimitero, al cospetto dei morti, è giusto stare in silenzio o parlare a bassa voce e allora questo film è un intero sussurro disperato, un inno alla vita e alla morte e a ciò che significano e rappresentano e a ciò che hanno rappresentato le vite di ognuno di quei volti che attraversano fugaci il film e che hanno attraversato e completato il loro ciclo. Tanti volti, li ritroviamo riuniti, tanti fantasmi (metaforici o reali, come preferite) attorno all'unica persona che non li aveva dimenticati, ne lasciati soli.

C'è molta solitudine in questo film e nella vita di John May, una vita di solitudine e morte, finché il suo ultimo caso lo porterà attraverso un viaggio destinato a fare entrare della luce e della vita vera nella sua esistenza. Riunire per l'ultimo saluto a Billy Stoke, uno dei suoi tanti "uomini" e "volti" morti soli e dimenticati, tutte le persone importanti della vita dell'uomo, in particolare sua figlia; questo prima di perdere il lavoro e scivolare in un probabile, definitivo, baratro. Eppure questo viaggio e soprattutto l'incontro con Kelly, la figlia di Stoke, permetteranno a John May di assaggiare la vita, per un breve attimo, un fugace, sussurrato, momento di felicità.

Non svelerò altro, non svelerò se alla fine John May riuscirà a portare Kelly al funerale del padre, e con lei tutte le altre persone della vita di Billy Stoke incontrate nel suo viaggio alla ricerca della vita; non svelerò cosa accadrà in seguito all'ultimo dialogo tra John May e Kelly Stoke.

Posso solo dire che il destino è beffardo, e crudele e che Pasolini ha diretto un finale dannatamente potente; oh certo, delicato e sussurrato anch'esso ma dannatamente potente. Come già detto, dopo tanta partecipazione alle vicende del protagonista, il finale è un pugno nello stomaco dolorosissimo. Tacendo, per non disturbare il silenzio, ho assistito in lacrime al finale di questo film meraviglioso. La solitudine, l'indifferenza, il silenzio e l'altrui inconsapevolezza rimarranno fino all'ultimo il/nel destino di John May.

La regia di Pasolini è splendida. Pochissimi orpelli, realista e concreta al massimo, ci regala in continuazione momenti di riflessione, continui e calibrati silenzi, belle soluzioni di regia e delle sequenze che difficilmente dimenticherò. John May a casa della signora del gatto, la scena della cioccolata calda, i due incontri tra May e Kelly Stoke, John May che sfoglia l'album dove conserva le foto delle "sue" persone , dei "suoi" volti, John May che incontra i due senzatetto amici di Billy Stoke, John May che si ferma a comprare un regalo per Kelly, John May che si volta... E ovviamente l'intera sequenza finale, diretta magistralmente ed esempio di gran regia e di perfetto uso dei silenzi. Silenzio, musica che ci inonda di commozione, silenzio, tutto ad accompagnare una scena che non dimenticherò mai, un finale meraviglioso che ci porta all'ultima grande inquadratura... Grande quindi il lavoro alla regia di Pasolini, solido, sottile, delicato, "sospeso" quasi, con un grande uso degli spazi, degli ambienti e, ovviamente, di quella parolina chiave che ormai avrete ben compreso.

La sceneggiatura è scarna, semplice, ma senza difetti, i dialoghi sono tutti centrati e perfettamente incastrati nella narrazione, la gestione del ritmo perfetta. Lento, riflessivo, quieto, come quando si contempla, senza fretta, la lapide di qualche caro, questo è un film che va contemplato, che entra dentro poco a poco per restarci per sempre, che scivola via senza poter mai annoiare, troppo affascinante, troppo commovente, troppo trascinante e gioioso il moto di vita che attraversa per un attimo John May, troppo doloroso dopo, per andarsene in fretta dalla memoria dello spettatore, di sicuro dalla mia.

Molto bella e in linea con il film la fotografia, ambientazioni perfette e fotografate benissimo dalle luci e dall'occhio di Pasolini.

Eddie Marsan ci regala un'interpretazione memorabile, praticamente crea dal nulla questo personaggio, questo piccolo uomo speciale e solitario, ci ha donato un carattere indimenticabile del cinema indipendente. Tutto il film ruota intorno a Eddie Marsan, lui è il protagonista assoluto e lui, delicatamente, timidamente, si prende tutta la scena come meglio non potrebbe. Tutti gli altri attori e caratteristi non sono che volti, comparse, delle aggiunte perfette certo, che ci passano davanti mentre accompagniamo il John May di Eddie Marsan nel suo viaggio anche se intendiamoci, sono tutte comparse memorabili, nessuna è messa lì a caso; in parte fa eccezione Joan Froggatt che interpreta, piuttosto bene, Kelly Stoke. Il più centrale di tutti i volti secondari del film, sarà colei che più di ogni altra cosa darà il più grande assaggio di vita all'esistenza di John May e non senza ricevere, in fondo, qualcosa in cambio. I suoi occhi, Il suo sguardo, tremendamente inconsapevole, che vaga in cerca di John May nelle sequenze finali del film, quello sguardo sospeso tra mille sensazioni (affetto, riconoscenza, dolore, serenità, turbamento) ma inevitabilmente destinato all'inconsapevolezza e quindi all'indifferenza, anche quello non lo dimenticherò facilmente. Se Eddie Marsan coglie perfettamente l'essenza stessa del film di Pasolini, rappresentandolo totalmente, c'è da dire che la Froggatt qui ci sta alla perfezione, con quella sua delicatezza impagabile che chi segue "Downton Abbey" ha imparato a conoscere da tempo (anche se li, francamente, ha anche un po' fracassat... ehm, scusate).

E così, Pasolini, abile e preparatissimo, pieno di idee e talento, dirige questo piccolo capolavoro, questo gioiello del cinema. Un film splendido, uno di quei pugni nello stomaco che vorrei ricevere molto più spesso, in fondo. Film da ammirare e contemplare, da guardare in silenzio da farselo scorrere dentro e per cui versare qualche lacrima. Regista a questo punto da tenere d'occhio.

"John May è un uomo speciale".