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PHILOMENA regia di Stephen Frears

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     7½ / 10  25/12/2013 00:30:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Qualche volta Stephen Frears ha "osato" più di tutti, nel cinema inglese, specialmente con My beautiful Laundrette e quel capolavoro noir che è Piccoli affari sporchi. "Philomena" incentiva una forte invettiva anticlericale, ma alla fine finisce per propendere per un rassicurante incentivo al perdono, concedendo alla rabbia poco spazio e all'emozione una vasta gamma di percezioni. Per questo non mi ha convinto completamente, compreso il facile cliché di voler accostare l'omosessualità all'Aids. E tuttavia, il film di Frears centra l'obiettivo quando espone in modo rilevante quell'affettazione della carta stampata, à la Insider per intenderci, che supera ogni coinvolgimento all'insegna del modo più realistico e artificioso di raccontare un dramma comune, al servizio del lettore dei quotidiani.
Ovviamente il film diventa magnifico, grazie alla straordinaria interpretazione di Judi Dench, alla sua amara giostra di ricordi, a quelle didascalie che una volta tanto non appesantiscono la storia, anzi la rendono preziosa e struggente, nel bisogno materno, sì, di aver visto il figlio felice e realizzato professionalmente e affettivamente, nelle immagini dei titoli di coda, testimoni di una vita strappata alla propria identità territoriale. Anche per questo giunge tardiva la scena-madre nel convento, che deve librarsi in una palpitante lotta morale tra fede e peccato, quasi fossimo in un film dell'altro albionico altrettanto celebre, Mike Leigh.
"Philomena" scopre la bellezza di un cinema classico forse programmatico e senza sbavature (la sceneggiatura, i dialoghi sono comunque di una forza travolgente) ma più che altro attinge al territorio dell'emozione che si stringe attorno a una resistenza materna che forse ha ritrovato, anche dolorosamente, il figlio che credeva di avere perduto per sempre

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