caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

LO SCONOSCIUTO DEL LAGO regia di Alain Guiraudie

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67     9 / 10  27/10/2013 10:03:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Se volessimo racchiudere in una facile formula questo film, potremmo definirlo "un porno-noir che usa il sesso esplicito (di cui è ampiamente costellato nella prima parte) e il sangue (che scorre nella seconda) per spostare l'attenzione dello spettatore sul vero tema che affronta: la solitudine, l'anomia sociale". E la genialità di quest'opera sta tutta in questo autentico miracolo: gli elementi che dovrebbero suscitare la maggior "pruderie" nello spettatore sono esattamente quelli che passano in secondo piano esaltando e mettendo a nudo la condizione di profonda, solipsistica solitudine che divora tutti i personaggi.

Il film ha una struttura da tragedia greca classica con un prologo, uno svolgimento e un epilogo con tanto di coro; si svolge anche in una precisa unità di tempo e di luogo: un "battuage" in riva a un lago nel quale si perpetuano ritualmente gli stessi accadimenti che scandiscono le giornate e le notti. Fino all'accadere dell'imprevedibile, che però non muterà in nulla il perpetuarsi di quei "riti" salvo una breve sospensione degli stessi prima che riprendano tali e quali a prima.

Come sa bene la comunità gay soprattutto maschile, col falso gallicismo "battuage" si intendono dei luoghi, normalmente costituiti da boschetti, canneti, vecchie case in disuso, spiagge marittime, lacustri o fluviali appartate, nei quali diverse persone omo, bisessuali o etero-curiose si incontrano per consumare quegli atti sessuali che normalmente sono loro preclusi nei luoghi e nei contesti sociali di tutti i giorni. Nel massimo anonimato e lontano da occhi indiscreti. Questi luoghi esistono ovunque (anche l'Italia ne è piena) e per passaparola sono molto frequentati dalle persone che cercano di dare concretezza alla propria vita erotica frustrata nella quotidianità. Talvolta ci sono anche coloro che sperano di poterci trovare il grande amore, o semplicemente un amico col quale lasciarsi andare a tenerezze tra uomini oppure un confidente col quale condividere il pesante fardello di esistenze duplici, vissute di norma con grande fatica e frustrazione. Infine, ci sono anche innocui guardoni, erotomani di varia specie, annoiati dalla vita.

In questo microcosmo particolarissimo, ma perfettamente funzionale al discorso profondo che Alain Guiraudie vuol farci, il 49enne regista francese posa il suo sguardo spietato da entomologo che usa alcune cavie per il suo esperimento (meritatissimo il Premio per la miglior regia nella sezione "Un certain Regard" all'ultimo Festival di Cannes). Il film procede lentissimo, perfettamente scandito nei suoi tempi dilatati, senza alcuna colonna sonora musicale (i suoni della natura la costituiscono), oggettivo come un documentario: fa ricordare il Tavernier de "La morte in diretta", l'Ozon di "Swimming Pool", la Hauser di "Lourdes" o, ancora, il Rosi di "Santo GRA"; qualcuno, all'uscita dalla sala dove l'ho visto, l'ha brillantemente definito "un Rohmer (tanto) cattivo".

La vicenda narra di un triangolo: Henri è un 50enne etero appartato, ombroso, che cerca un'atmosfera di complicità maschile (rigorosamente asessuata) nel giovane e aitante Franck di cui finisce per innamorarsi; Michel ha un amante di cui si sbarazza dopo essersi infatuato della prestanza di Franck; Franck, che ha assistito involontariamente all'omicidio dell'ex-amante di Michel a sua insaputa, ricambia ma si innamora perdutamente dell'omicida. Scattano le indagini del locale Ispettore di Polizia che ha buon gioco nell'interrogare i protagonisti della brutta vicenda e gli avventori abituali (che non si definiscono mai tali!) del luogo. Fino a un tragico, ma inaspettato, epilogo.

Riassunto così, si potrebbe legittimamente pensare a un mélo. Per carità, nulla di tutto questo: come detto, Guiraudie usa questa trama e le esplicite immagini di sesso e morte come puro pretesto per descrivere la solitudine dei nostri giorni e la sospensione del tempo accelerato nel quale siamo costretti a vivere. Questa "mancata comunità" di uomini profondamente (e irrimediabilmente?) soli "stacca" dal tran-tran delle proprie vite misteriose e poco soddisfacenti obbedendo meticolosamente a una sorta di rito laico al quale si abbandonano per soddisfare più o meno compulsivamente la propria dimensione fisica e sessuale. Ma non c'è molta differenza tra chi consuma avidamente sesso a due o in gruppo e chi guarda masturbandosi: lo spirito di fondo è la soddisfazione immediata di sé, non l'apertura all'altro. Anzi, quelle eccezioni che guardano oltre (soprattutto Henri e, più tardi, anche Franck) sono destinate a restare amaramente in disparte e a essere espulse dal "(corto)circuito". Soccombe chi vìola quelle ferree regole, che poi sono le regole della nostra società. E Guiraudie non parla solo di gay: il crescente numero di separazioni e divorzi, la sempre minore capacità di stabilire e soprattutto mantenere rapporti sociali col conseguente aumento della conflittualità latente o esplicita, riguardano tutti, a prescindere dall'orientamento sessuale. Per questo non si può classificare questo film come "film a tematica gay", pur avendo protagonisti quasi esclusivamente gay e pur mostrando una sessualità esclusivamente gay. Onore al merito.

I dialoghi minimalisti ma profondi e rivelatori dei quattro personaggi principali racchiudono sinteticamente quanto ho esposto sopra: la ricerca del piacere per sé è la sola, naturale risposta a una vita spersonalizzata vissuta nella più compiuta anomia sociale; in tal senso il sesso diviene indispensabile e imprescindibile strumento di riequilibrio (anche psichico); il tempo sospeso, privato della memoria del passato e della speranza di un futuro, diventa l'unica dimensione possibile rispetto alla rimbambente, violenta accelerazione cui siamo sottoposti nel vissuto quotidiano. Il film restituisce plasticamente il pensiero del giovane filosofo Diego Fusaro, descritto nel suo ultimo libro "Essere senza tempo", che sembra essere l'ispiratore profondo di questo film.

A esplicitare quel minimalismo pensa l'Ispettore di Polizia, ovvero l'elemento esterno al microcosmo chiuso che, come nel coro greco, ha il compito di farci riflettere su ciò a cui assistiamo. I lucidi interrogatori cui sottopone Franck e Michel mettono in luce tutto il non-detto che sta nella frequentazione di quel posto risaltando l'assoluta assenza di responsabilità di chi compie le azioni che vi accadono: esattamente come nella vita attuale, il metro di paragone è solo la soddisfazione immediata, le implicazioni e le conseguenze degli atti compiuti semplicemente "non rilevano".

In questo senso il finale apparentemente aperto del film in realtà chiude bene il discorso che ci fa Guiraudie: Eros e Thanatos si incontrano finalmente in modo indissolubile dimostrandoci che l'essere umano, pur distratto dai mille orpelli di cui si circonda nella sua fugace apparizione su questa Terra, obbedisce a spietate leggi ataviche, immutabili e inesorabili. Bravo davvero, Alain.
pier91  27/10/2013 17:15:46Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Complimenti Luca, sei sempre bravissimo.
Delfina  27/10/2013 18:01:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Recensione davvero eccellente!
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  27/10/2013 23:05:10Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie davvero a entrambe: mi fate arrossire!!! :)