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MOOD INDIGO - LA SCHIUMA DEI GIORNI regia di Michel Gondry

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Gualty     8 / 10  21/09/2013 11:46:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Premesso che, non avendo familiarità con B.Vian, il mio commento si limiterà all'opera di Gondry a sè stante. Premesso che sono irrimediabilmente condizionato nel giudizio da un amore incondizionato verso il regista.
L'opera si divide in due parti, una lunghissima introduzione chiara, luminosa, borghese e felicemente spensierata. Tanto spensierata che l'intero mondo dei personaggi si limita ad osservare una ?Parigi? dall'alto, scusandosi addirittura per i lavori in corso. Ma d'altra parte "Colìn possedeva una somma di denaro sufficiente per permettergli di condurre una vita dignitosa senza dover lavorare".
La seconda parte, al contrario, è un ribaltamento quasi totale di tutta l'introduzione, di tutte le scelte, i pensieri, le affezioni della genesi. A rompere l'incantesimo di un eden di soffici nuvole ed elettromagnetismagia una finestra che si rompe e un "fiore del male" che striscia nel paradiso terrestre per tentarne la solidità. Così vedremo distruzione e morte invadere la creazione del principio, vedremo lavoro alienante e fatica sporcare, macchiare l'immacolata esistenza contemplativa, vedremo la passione per l'arte trasformarsi in ossessione e compulsione e distruggere una coppia formatasi proprio su questo pilastro.
Una composizione geometrica e imponente, che non lascia dubbi circa la maestosità dell'opera alla quale si sta assistento.
Nonostante ciò...
Nonostante ciò un ritmo troppo serrato e troppo denso di genio "patafisico" lascia indubbiamente a bocca spalancata ma a cuor freddo. Le immagini sono talmente belle, talmente tante, talmente geometriche e geniali da trascurare totalmente lo spessore dei personaggi, tanto che - non avendo letto il libro - mi aspettavo quasi che l'intera storia d'amore ( amore?? Non ne ho percepito per la prima ora di SPETTACOLO ) fosse solo una farsa passeggera e non il prologo di un dramma tragicamente romantico.
Nonostante ciò...
Nonostante ciò un finale da capogiro che letteralmente brucia lo schermo e la patina gelatinosa del lunghissimo incipit, un finale visivamente straziante laddove per più di un'ora si era assistito al paradiso dei sensi allucinati creativamente e non solo.... un finale che sprigiona chiavi interpretative tanto personali e sussurrate.... riscatta l'intero carrozzone e lo giustifica. Forse era anzi necessaria la freddezza emotiva di una storia d'amore sorta tanto banalmente, tra due damerini che, a quanto ci è dato sapere, si limitavano ad osservare la città senza davvero viverla. Tant'è che Colìn viveva in un attico con le finestre dei treni , senza mai "scendere".

Indubbiamente non è un'opera che tocca le corde del cuore, le solletica solamente. Come hai detto giustamente, non è abbastanza umile per lasciare il tempo - nonostante le due ore - allo spettatore di entrarvi in punta di piedi, Gondry sin dal primo istante lo prende di forza e lo scaraventa nella sua visione dinamica, ruggente, magica. E se è vero che sembra - per la maggior parte del film - di assistere ad una mostra della sua genialità piuttosto che ad una storia d'amore, è vero anche che non si può che rendere omaggio a questa dimostrazione di artigianato. Come di fronte alle prime pellicole di Meliès, siamo al CINEMA, immagini in movimento per il piacere di evadere da un mondo in cui spazio e tempo sono regolati da ferree leggi fisiche.

Un'opera difficile, tecnicamente perfetta, un pugno alla fantasia dello spettatore tanta ne viene sprigionata dallo schermo, un pugno alla struttura classica del romanzo scenico e alle sue segrete dinamiche che, come una ricetta medica, come un'equazione calcolata, funzionano e attirano spettatori al cinema. Un esperimento visivo da alchimista che si ribella alla comunità scientifica e non teme di essere screditato, insultato, adorato, incompreso.
Ignorato purtroppo, come l'ostracismo dei cinema nel proiettarlo e la reticenza degli spettatori nell'affollare quelle poche sale in cui era possibile assistere ha dimostrato.