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L'UOMO D'ACCIAIO (2013) regia di Zack Snyder

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Barteblyman     6 / 10  20/06/2013 21:43:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Le cose che mi piacciono di Superman, innanzitutto il fatto che è figlio adottivo e poi la questione della gestione di un potere abnorme. Nonché il fatto che svolazzi giulivo qua e là. Le cose buone di questa nuova versione cinematografica sono scampoli della sua vita da figlio adottivo e poi la questione della gestione di un potere abnorme. Nonché il fatto che svolazzi giulivo qua e là. Anche a livello stilistico le cose migliori sono quel tentativo di mostrare un Kal-El (un in fondo adeguato Henry Cavill) tormentato che si aggira solo e barbuto imbattendosi in lavori di... forza. La mano di David S. Goyer (lo sceneggiatore che ha rivalorizzato Batman) forse è concentrata tutta qui. In piccole e suggestive sequenze che suggeriscono uno sviluppo altro. Uno sguardo realistico, per quanto possa essere realistico un neonato venuto dallo spazio e dotato di superpoteri. Tipo Gesù Cristo, e infatti le due cose non differiscono più di tanto. Solo che Kal-El non si dà alla diffusione programmatica del kryptonesimo ma anzi si ritrova a contrastare un superomistico kryptoniano come il Generale Zod (Michael Shannon, sempre bravo anche se qui pare andare col pilota automatico). Niccianamente parlando or dunque, uno scontro tra un superuomo (Zod) e un oltreuomo (Superman). Il cieco dominio contro la tenacia di un istinto sempre in costruzione. Ma il Nietzsche confronto si ferma qua, giacché elemento preponderante in Kal-El è la compassione, sentimento non ben visto dal comunque ambiguo Nietzsche (che non a caso ebbe compassione di un cavallo) e ancor prima da Aristotele che infatti ci infilò la catarsi ma... Ma sto divagando anche se in sé e per sé sarebbe interessante analizzare una figura divina come quella di Superman focalizzando questi aspetti di volontà di potenza. Cosa che Snyder fa ma limitatamente, purtroppo.

Nei vari flashback intuiamo infatti un qualcosa ma ahimè sono lievi momenti. Come quelli musicali di Hans Zimmer, poco incisivo nel dare le giuste note, nel creare una personalità musicale (tuttavia comprensibile, visto il suo stacanovismo), esclusa la suggestiva ma non indimenticabile What are you going to do when you are not saving the world. Zack Snyder, come detto, fa il suo buon lavoro di regia ma ben poco come Zack Snyder. Regista in grado di fare cose notevoli come Watchmen, tamarrate micidiali come 300 e incompiutezze per via del potenziale mancato come Sucker Punch. L'uomo d'Acciaio io lo metterei con estrema modestia in quest'ultima categoria con in più l'aggravante di un finale eccessivamente disastroso che fa in mille pezzi quel realismo iniziale. Come può Superman non curarsi del "trambusto" causato dal suo menarsi coi nemici? Perché non sposta il campo di battaglia? Inoltre, perché farsi la barba? Tipo Ridge di Beautiful che capisci che è depresso perché ha la barba lunga (da dire che Gillette è uno dei partner commerciali della produzione e che Superman credo abbia dei peli indistruttibili).

Da un trio quale Snyder, Nolan e Goyer potevano uscire fuori tante cose carine e invece quel medesimo slancio autoriale che è stato il nuovo Batman (ma in particolare ne Il cavaliere oscuro) qui non si ripete. Forse perché alla fine Superman è un personaggio eccessivo (indistruttibile e buono), personaggio che trova il suo punto di maggior introspezione nella adolescenza. Forse il suo sviluppo e rinnovamento vero e proprio potrà esserci solo in un secondo episodio (già annunciato), dove poter fare a meno del didascalico (cosa che comunque aveva già fatto Bryan Singer ma con risultati blandi). Or dunque il problema di Superman è di essere un eroe poco sfaccettato e sfacciato? Mmm, credo di no. Volendo cercare tematiche alte -come già detto- ve ne sono, a partire dal fattore adozione. Un extra-umano adottato sia da una famiglia che da un pianeta. Come vive Superman? Non penso che nella sua testa vi siano solo angioletti e vecchine alle quali far attraversare la strada. Cosa frulla nella capoccia di un uomo che se volesse potrebbe distruggere un pianeta, ribaltare ordini, sistemare a prescindere? L'uomo d'Acciaio si avvicina a questi temi, andando anche verso scivoloni un pochetto troppo messianici ma si arresta pressoché subito relegando il peso di certe domande ad alcune belle soluzioni di regia che tentano di colmare le carenze di scrittura. Fermarsi al Superman vagabondo e autarchico avrebbe potuto dar adito e alito a piacevoli momenti introspettivi ma il richiamo dello sfasciare tutto è stato più forte. Se non altro qui abbiamo un' inedita modalità di rapporto tra l'eroe e la sua amata (Amy Adams) nonché l'esposizione del concetto di mascheramento propinato dal Bill di Kill Bill. In sintesi e or dunque L'uomo d'Acciaio non è una rivoluzione (cosa che sarebbe stata ben accetta) ma neanche una boiata micidiale.