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LA GRANDE BELLEZZA regia di Paolo Sorrentino

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     6 / 10  28/05/2013 16:41:19Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Capolavoro artistico o insopportabile prova di narcisismo d'autore? Un film davvero difficile da giudicare, diciamo che se fosse americano sarebbe un poco il Cosmopolis della situazione. Ma non ho alcun problema a dire che nonostante un certo fascino decadente che emana, trovo che La grande bellezza sia un film non riuscito, a tratti irritante, artificioso, tedioso come una mazza di ferro che batte sui testicoli insomma il classico gatto che si morde la proverbiale coda. Fotografato splendidamente - cfr. la Roma sinistra e allucinata del film è di per sè indimenticabile - ma eccentrico campionario di metafore che dovrebbero essere profonde e sembrano un bignami dei più vuoti rotocalchi, ben diverso dal diventare - come vorrebbe - l'8 e mezzo del Duemila. Un film che si perde tra effimeri contrasti, ora risaputi ora blandamente intellettuali, come a certificare lo sfottò di una generazione di sopravvissuti di una fase culturale allo sbando (avvincente, in questo senso, anche se fuori contesto, il personaggio di Verdone) che già di per sè è anacronistico di suo, perchè è una realtà di cui sappiamo già tutto. Con una strizzata d'occhio alla crisi di Cinecittà e un'altra (vedi l'iniziale scena rave da guinness dei primati) a Che la festa cominci di Ammaniti, si avventura via via verso i concetti di vita, di morte, di nostalgia e rimpianto, echi Proustiani e girandole (ovviamente) Felliniane (piani-sequenza compresi) fino a deturpare il magma cattolico del manifesto "Fellini-Roma" e condurlo nelle spoglie dissacranti ed eretiche di un Bunuel. A volte un montaggio tanto eccentrico fa dubitare realmente sulle intenzioni dell'operazione, e i continui rimandi a una società di nullità retrive (anche queste destinate già, e il regista sembra non essersene accorto, alla rimozione del tempo) e una borghesia decaduta non aggiungono molto. E' vero che la critica di Sorrentino non è la tv, ma in realtà lo è: qui funziona l'emblema di una Grande Assente che imprevedibilmente è più presente che mai nell'aria.
Bene, anzi no. Servillo ottimo attore ma riproporlo come Icona filosofica di una società alla deriva diventa - con tutto il rispetto - deprimente. Verdone eccelso come al solìto - con reminescenze del Baggini-Tognazzi di Pietrangeli -ma con la fastidiosa sensazione di un cineasta che ha dovuto liberarlo dai suoi clichè - manovrina à la Pasolini vs Totò per certi versi.
E in questo scenario di Roma bruciata più dello stesso Nerone ci tocca pure ascoltare e vedere l'Antonello(ne) nazional-popolare, ossessione proprio di Verdone e di tanti aficionados del Lungotevere... E tra pantonime che vorrebbero illuminarci sulla coscienza (odioso davvero il monologo di Servillo per i funerali di un giovane suicida!) e fallimenti che sembrano così falsi, Sorrentino estrae dal cappello due momenti di grande cinema, quello del Lifting improvvisato come un salto nel vuoto e nel tempo di un girone Zavattiniano, e la mostra fotografica di un'uomo ritratto da cucciolo in ogni giorno della sua antica infanzia.
E la Roma di Sorrentino, come luogo ideale dove ritrovare il senso enorme di una cultura a tutti i costi, si prosta in tutto il film tanto incantevole nella sua presunzione, ma inaffidabile quanto basta per farsi largo come opera d'arte fine a se stessa. Massima stima e inequivocabile noia, per quel 6 politico che ammira l'impeccabile esibizione di tanto artistico, evanescente, Vuoto.
ughetto  29/05/2013 00:26:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ti ringrazio di aver scritto questo commento, che condivido parola per parola. Io per pigrizia e per stizza ho scritto una schifezza, adesso me ne pento, m anon posso più tornare indietro.
Invia una mail all'autore del commento kowalsky  03/06/2013 18:46:54Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sono assolutamente convinto che giri a vuoto, che sia un film sbagliato e gli ho dato la sufficienza solo per la sua bellezza visiva (unica grande bellezza). In effetti penso sia un film sbagliato e lo pensano giustamente quasi tutti i critici italiani (lo so i critici non contano niente e bla bla bla), che per una volta hanno ragione. Soprattutto, non graffia come vorrebbe. Chi ha visto il film italiano del decennio secondo me si è sentito intimorito dalla sua necessità supponente di "opera d'arte".
ughetto  04/06/2013 11:27:30Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Soprattutto non graffia. Quando uscì La Dolce Vita alla prima milanese Fellini fu preso a sputi e male parole. Tutte quelle scene con preti e suore, per non dire quelle sui "nobili" che senso hanno oggi? Non sono certo manifestazione di intelligenza, o originalità né tanto meno di coraggio. E' proprio questa mancanza di pregnanza rispetto alla contemporaneità che mi ha colpito. Ma forse il concetto di deriva implica anche che non ci siano interpreti. E' stata una delle sere più tristi di sempre, quando sono uscito dal cinema.
elio91  03/06/2013 21:46:32Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Gran commento ma non sono d'accordo su nulla!
patt  29/05/2013 13:17:43Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
ciau Luchino! Ma sai che sono in parte d'accordo con te? mi sono posta la stessa tua domanda iniziale e ho avuto anche io qualche passaggio d'irritazione davanti all'insistere della forma, del primo piano, della simmetria. Insomma un "non film" come l'ha chiamato Terry, solo che a me questo eccesso stilistico non ha appagato. Non sono d'accordo sull'icona filosofica di Servillo, quel ruolo a me è piaciuto, se non altro ha sottolineato i (voluti?) contrasti, come una parvenza di consapevolezza della miseria umana. Poi ho trovato più integrata nello scenario umano la Ferilli, il Verdone riproposto fedele a stesso qui mi è sembrato poco funzionale. Insomma grande prova del Sorrentino pittore, ma mi è mancato il film.

Terry Malloy  31/05/2013 00:45:58Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Che onore questa citazione! :)