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BENUR - UN GLADIATORE IN AFFITTO regia di Massimo Andrei

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Invia una mail all'autore del commento Andrea Lade     7½ / 10  08/05/2013 14:00:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una casa malandata all'interno di un condominio periferico e battute in perfetto romanesco ci immergono in una realtà spiccatamente popolare. Due fratelli calpestati dai malanni e dalla povertà vivono di espedienti per guadagnare il minimo necessario per coprire le spese di sopravvivenza. Maria presta la voce in una chat line telefonica e simula orgasmi siluranti mentre stira o rammenda i calzini; Sergio invece è un ex stuntman e seppur costretto dagli acciacchi e non più in vigoria fisica, si traveste da centurione davanti al Colosseo e con un inglese ancora più rovinato di lui spera di guadagnare qualche spicciolo dalle foto con i turisti.
Se non fosse per le esilaranti battute in dialetto, sembra di vivere un dramma familiare di Monicelliana memoria. Si ride, questo è sicuro, ma trattasi di risate amare perchè la consapevolezza dei protagonisti del loro mondo doloroso fa emergere spietatamente la depressione della loro esistenza : il miglioramento del proprio livello sociale è un'utopia ed anche il semplice acquisto delle sedie dell'Ikea sembra un desiderio irrealizzabile
Ad un certo punto Milan, un immigrato, irrompe nella quotidianità dei due personaggi; Milan è un uomo tuttofare che viene assoldato da una banda di criminali come clandestino e spedito nella casa dei due fratelli; per alloggiare nella poco ospitale casa di Sergio dovrà pagare una percentuale consistente dei suoi guadagni a titolo di pizzo. Milan però non è un nullafacente, è un uomo colto, è un ingegnere che dalla Bielorussia compie un viaggio faticoso tra i maiali per inserirsi nel sottobosco sociale delle comparse di strada per pochi rubli. Milan ben presto si rivela un uomo tuttofare ed oltre ad un impegno nel lavoro a dir poco zelante , si mostra efficientissimo nella risoluzione dei problemi domestici dimostrando un'acuta intelligenza che migliorerà in breve tempo il tenore socioeconomico dei due fratelli. Disposto al compromesso e all'arte dell'arrangiarsi, erede di una cultura elastica e polimorfica Milan si insinuerà in modo soave ma deciso nella debolissima struttura sociale che lo ospita, e trottando verso la meta prefissata arriverà ad assumere il controllo di una situazione altrimenti destinata alla deriva.
L'approccio emotivo è sicuramente il più immediato nella visione del film: la risata facile, la pietà nei confronti della protagonista e la rabbia per Sergio sono i sentimenti che si provano naturalmente durante la visione, ma la leggerezza del film è garantita dall'inserimento di situazioni parallele di stampo grottesco e da una piacevolissima fotografia nitida che mette in evidenza l'aspetto cromatico della Roma estiva ; molto bella l'immagine metaforica di Milan che corre nel circo Massimo, ma interessanti anche le riprese tra gli scorci dei palazzi rovinati del Laurentino 38.
Ma il film è anche un potente stimolo al pensiero intellettivo perché il tema sociale , anche se non prevaricante, è sicuramente il filo conduttore di questa commedia all'italiana molto sui generis. Una Roma fotografata nel suo aspetto più lassista e deprivato di qualunque orgoglio, è il vero soggetto di Benur : una Roma umile, abbrutita e in piena crisi morale che però viene lentamente conquistata da un immigrato clandestino che pur essendo stato trasportato in una gabbia di maiali ha una forte ambizione e con capacità e sicurezza riesce a superare le resistenze di una stupida società incancrenita nella propria depressione e irrigidita nei propri stereotipi. E non sarà certo la polizia a ristabilire la struttura sociale originaria. Una critica alla società romana? O meglio un saggio avvertimento alla nostra Italia? Sembra che l'intento sia quello di schiaffeggiare il romano medio per farlo svegliare dai suoi sciocchi pregiudizi che lo ingabbiano nell'inerzia priva di futuro.
Cementato da una sceneggiatura quasi perfetta, il film regge benissimo ai differenti richiami di un dramma sociale e di una commedia tragicomica. L'ambivalenza della struttura narrativa non incide sulla linearità della visione anche se un finale tecnicamente imperfetto macchia il giudizio finale. Velocissimi purtroppo gli ultimi minuti caratterizzati da un salto temporale troppo lungo per poter ricollegare la storia, e troppo breve per ipotizzare un salto generazionale.
Un'ultima nota ai dialoghi: il linguaggio, consiste per me nel miglior pregio del film. Una ricerca particolarmente attenta utilizza un romanesco autentico, lontano dall'imbarbarimento del dialetto utilizzato dalle generazioni miste e soprattutto parlato in periferia. L'operazione di recupero del dialetto ci restituisce la comicità di una parlata popolare molto viva.