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AMERICAN MARY regia di Jen Soska, Sylvia Soska

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     7 / 10  05/05/2015 12:49:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Tipe toste queste Soska sister, gemelle canadesi capaci di uno sguardo per nulla banale -più femminile che femminista- sul mondo della chirurgia estetica. "American Mary", almeno inizialmente, potrebbe essere scambiato come una critica all'ossessione di "ringiovanire" tramite bisturi, botulino e affini da parte di alcune persone. Ci vuole poco per comprendere che il tema portante sia ben altro, non prima di una decisa incursione nel bieco arrivismo e nella sete di denaro.
Siamo dalla parti del percorso di formazione sui generis, in simbiosi con un ambiente suburbano popolato da freaks stanziati in un locale di streap-tease.
Il pensiero di Jen e Sylvia Soska è esplicitato nel limitato ma significativo spazio che si ritagliano all'interno della pellicola, gotiche ed inquietanti suggellano l'estremizzazione della body art, ovvero la modificazione del corpo.
Tecnica chirurgica in cui la protagonista eccelle; Mary è infatti una promettente studentessa di medicina tradita da quel mondo borghese a cui aspira. Non le sarà difficile comprendere di essere più affine ad altri luoghi, meglio se oscuri e caratterizzati da lap dancer, drink dozzinali, locali fumosi, pestaggi e tipacci poco raccomandabili.
La violenza cui viene sottoposta azzera la già esigua moralità ed empatia della protagonista, dotata di una bellezza folgorante in bilico perfetto tra glamour patinato ed erotismo da pornodiva. Bravissima in questo senso Katharine Isabelle, un valore aggiunto capace di scaldare l'ambiente in un batter di ciglia e allo stesso tempo renderlo algido e inquietante con la sua attitudine devota alla morbosa commistione tra distruzione del corpo e glorificazione dello stesso.
Concettualmente molto interessante e generoso nell'offrire svariati piani di lettura "American Mary" non è privo di qualche difetto; alcune sequenze sembrano un po' fare a pugni con i temi centrali della pellicola, vi sono parecchie ramificazioni isolate, quasi fossero accessorie. Mentre il finale pur inaspettato avrebbe avuto bisogno di maggiore solidità per giungere meno frettoloso.
Di certo resta impresso questo mondo e la sua mistress per caso, un luogo scevro da giudizi, anche nel caso si voglia diventare una bambola in carne ed ossa tramite l'asportazione dei capezzoli e la chiusura parziale dei genitali, o si desideri emulare Betty Boop divenendone il deforme duplicato.
L'atmosfera è deviata come in certi romanzi del primo Palahniuk e il grottesco rischia di tracimare nel ridicolo involontario a volte; per fortuna ciò non avviene mentre le efferatezze vengono spesso lasciate fuori campo. Visivamente sono rare le scene disturbanti, le terribili sorelline preferiscono picchiare duro a livello psicologico e pur denotando qualche ingenuità in fase di sceneggiatura riescono a far male.