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HITCHCOCK regia di Sacha Gervasi

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Invia una mail all'autore del commento NotoriousNiki     6½ / 10  17/04/2013 17:10:09Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sapiente restringere il biopic tra il '59 e il 60', troppo ambizioso e vasto concettualmente riproporre l'intero percorso artistico il quale non basterebbe una serie da 8 puntate con 50 minuti l'una alias 'I Kennedy' di qualche anno fa per esaminarne arte, carriera e vita personale senza tralasciare qualcosa, meglio soffermarsi su uno spaccato della sua vita per concentrare e massimizzare gli elementi di un periodo chiave sulla falsariga del buon successo 'My Week with Marilyn" di 2 anni fa.Non trovo stonato neanche infarcire l'opera di quel leggero mix ironico/macabro che ha contraddistinto il suo linguaggio pur indagando sui temi tabù del regista: erotismo, voyeurismo, morte.Interessante l'operazione di valorizzazione della Reville, una rivendicazione artistica a posteriori, donna votata interamente al marito, anima e corpo spesi a supportarlo in 54 anni di matrimonio, ingiustamente troppo in ombra il suo talento tralasciata spesso dai crediti delle sceneggiature. Un po tirata a dire il vero il flirt tra Alma e Whitfield Cook, una sottotrama atta ad evidenziare la solidità di un rapporto retto sulla reciproca fedeltà, nonostante Hitch avesse una riconosciuta attrazione maniacale verso le sue attrici e rendesse la convinvenza irta di "rospi da ingoiare" per la Reville, assieme ad una pretenziosa introspezione tra i meandri della sua psiche, che lo vede confrontarsi con il suo demone Ed Gein a spese di una trascurata crew di ottimi caratteristi.E qui coerentemente con lo scopo del film si da grande spazio ad una Mirren che sta trascorrendo una 2° giovinezza davanti alla mdp, un Hopkins talmente imbolsito di trucco da non riuscire a scrutarlo, bene la Johansson a conferire buon viso ad una graziosa Leigh professionista consapevole delle trappole fissate dal suo direttore, una Miles troppo marginale anche se Gervasi non manca di ammettere la devozione che Hitch aveva per questa ragazza spinta da Ford e consacrata con Hitchcock, quasi accessorio l'utilizzo di Perkins vero perno dell'opera, nonostante un D'Arcy che per sembianze collima alla perfezione col soggetto, demolito Gavin pur schivandolo dal metterlo in scena, Martin Balsam lasciato al dimenticatoio.Manca quasi del tutto l'interazione con Bernard Herrman, un binomio che si completa a vicenda tanto quanto Morricone-Leone o il più recente Spielberg-Williams.Omette il corollario tecnico del regista in Psycho, il MacGuffin, il doppio, la psiconanalisi, anche il suo firmare l'opera con l'apparire in secondo piano, ed è un peccato perchè si sposava con le intenzioni del regista di anteporre l'interazione professionale della coppia al film, un modo per legare i 2 elementi.
Indovinate alcune sequenze d'appendice come l'ouverture a omaggiare la bellissima serie degli anni 50, o il finale a citare la successiva opera del maestro, ma anche vere e proprie stilettate all'Academy, in questo era sin troppo autocritico (anche nel leggere il libro intervista con Truffaut si scruta quella mancanza di snobbismo verso quei riconoscementi hollywoodiani che ad esempio un Kubrick aveva) o l'ombra della silhuette di profilo che si scorge in controluce.Un'opera discreta, non troppo ottimizzata ma che un appassionato di Hitchcock non mancherà di entusiasmarsi per il suo saper evocare vivide reminiscenze del personaggio.