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I MISTERI DI LISBONA regia di Raoul Ruiz

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elio91     9½ / 10  30/03/2013 22:30:18Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Leggendo in giro le varie (argomentatissime) critiche a "I misteri di Lisbona" mi è rimasta impressa quella che la definisce una telenovela d'autore. Verissimo: tratto dal romanzo di Camilo Castelo Branco (portato al cinema da autori come Manoel De Oliveira) ed avendo in sé tutti gli elementi del romanzo d'appendice è anche naturale che possa essere definito in questo modo; ricordandosi anche che il progetto originale sono sei episodi televisivi da un'ora ciascuno, Raul Ruiz è un regista che più cinematografico non si può e lo dimostra anche in questo caso: quattro ore e passa la versione per le sale di cinema vertiginoso, inventivo, mai noioso, molto dialogato ma anche tremendamente inventivo nell'apparente monotonia dei piani sequenza, nella scelta di visuali tipicamente wellesiane e bizzarre.
è il testamento artistico di un grandissimo regista, uno degli ultimi surrealisti puri che ha scritto un proprio linguaggio cinematografico scardinando la trama e creando mondi onirici senza bisogno di linearità narrative ma a volte affidandosi solo alla forza dell'inconscio o, appunto, del puro surrealismo. Ora ci rimane solo Lynch con la dipartita del maestro cileno.
"I misteri di Lisbona" resta comunque un film accessibile a tutti, sceneggiato in modo chiaro nei dialoghi ma comunque intricatissimo (e questo immagino sia dovuto soprattutto al romanzo d'appendice da cui è tratto). I tocchi surreali di Ruiz si notano nello stile barocco, delicato anche se visivamente magmatico e irrequieto, con lampi di bizzarria tipicamente grottesca. Invece anche la trama principale si snoda in continuazione diramandosi in un'intricata ma comprensibile matassa. Ruiz è stato esaltato come uno dei pochi e forse ad oggi l'unico ad aver portato al cinema il senso della Recherche proustiana, non solo con "Il tempo ritrovato" ma in generale pare essere nelle sue corde. Guardando con occhio attento al suo cinema è proprio cosi: come delle matrioske, Ruiz gioca ad inglobare storie e storie svicolando da quella principale ma poi tornandoci prepotentemente in una struttura circolare perfettamente riuscita. E il suo sguardo non basta: il reparto tecnico è grandioso a partire dalla fotografia suadente, la ricostruzione storica perfetta e mai troppo tronfia ma sempre credibile, i riti della borghesia nobile cosi documentati (appunto, alla Proust), le ambientazioni splendide. Senza esagerare rivaleggia con Barry Lyndon, con le dovute differenze.

Inoltre è da notare quanto "I misteri di Lisbona" assuma i connotati di una summa del cinema di Ruiz quando lo confrontiamo con un'altra opera/sommario di un altro maestro del cinema come Bergman, ovvero "Fanny e Alexander". Entrambe considerate tali, nascono come progetti "prestati" dal cinema alla televisione ma che è difficile definire semplici e volgari fiction; analizzano poi il mondo dell'infanzia partendo dallo sguardo di protagonisti innamorati del loro teatrino di marionette che poi è il mondo attorno al quale si muovono figure strane, paternalistiche, eroiche, inquietanti, violente, crudeli, seducenti. Come "Fanny e Alexander" era un arazzo dove si poteva scegliere cosa vedere secondo le parole di Bergman, "I misteri di Lisbona" è praticamente lo stesso con l'acuta capacità del suo regista di allargare via via attorno alla storia principale le altre storie che poi acquistano la stessa importanza e si fondono in un'unica, meravigliosa cornice.
E in quattro ore c'è il tempo di conoscere personaggi indimenticabili profondamente tratteggiati su cui spiccano padre Dinis, camaleontico e misterioso prete dalle mille vite, o la madre di Pedro/Joao.
E le tante vite dei personaggi sono il fulcro di quest'opera molto ambiziosa nel suo tono poco magniloquente: ognuno si dimostra il contrario di quanto prospettato in un percorso di crescita che noi vediamo al contrario (e anche qui ritorna Proust, in fondo). Ossessione di Ruiz o sua poetica è in fondo questo diluvio di storie che si perdono le une nelle altre (Le tre corone del marinaio), dell'infanzia e della finzione. Succede cosi che Raul Ruiz non può che concludere in modo ambiguo questo suo capolavoro (a contarlo su suoi pochi film visionati- mi pare 6 o 7 su 100- il terzo indimenticabile): si ritorna in modo circolare all'inizio, muore l'infanzia e muore il sogno e le storie che questo porta con sé, finzione compresa. Raul Ruiz è morto. Questo quindi ci fa comprendere quanto "I misteri di Lisbona" possa essere il suo testamento artistico. E visto il poco seguito di pubblico tranne in rari casi (compreso questo film, almeno in Portogallo sembra abbia avuto successo), è un autore che il mondo del cinema ha dimostrato di meritare pochissimo nonostante la mole eccessiva del suo lavoro, la dimostrazione di essere stato prima di tanti altri un maestro sovvertitore e un cinema intensamente personale e poco disposto a svendersi, anche quando nel caso specifico ci avviciniamo ad un lato popolare e da telenovela per il pubblico. Ad avercene, davvero, di opere cosi in televisione o anche al cinema...