deliver 9½ / 10 29/01/2013 16:21:49 » Rispondi Tornatore siglia il suo capolavoro, dimostrando che il giallo/noir è l'anima vera del suo cinema, la via sola e unica in cui risce a tradurre artisticamente il binomio tra poesia e crudeltà, eterna maledizione e legge severa di questa mondo chiamato "terra".
La storia è quella di un battitore di aste, uomo colto ricco, eppure ripiegato su se stesso, chiuso nella sua costante paura dell'Altro che oltre a segno di alterità diviene anche lo specchio di quel Sè che ci è nascosto, che abita in noi ma con cui non riusciamo ad entrare in contatto. Il film semina false piste. La parola e le frasi sono false. La verità è questa: che nella vita non possiamo arroccarci nella nostra fortezza di valori e schemi mentali troppo radicalmente, perché questi non saranno mai inattaccabili. Quando Virgil muove un passo fuori dal sottile cerchio che gli è stato disegnato attorno, sarà l'inizio della fine. Non sono il film ci interroga su cosa saremmo disposti a rischiare per avere ciò che vogliamo e quindi l'amore, ma ci interroga anche sul gioco dell'ingannevolezza che spesso è un riflesso ben nascosto tra le pieghe di una visione soave. Virgil non perde perché ha troppo amato. Virgil perde quando esce allo scoperto per la prima volta. E la sua ingenuità lo salva solo moralmente, facendone un'anima pia. Ma lo condanna nei fatti: egli non conosce le regole del "gioco", non ha giudizio, egli non riesce a valutare la vita e le persone così come fà con i quadri. Sembra un bambino in fondo troppo cresciuto oppure semplicemente un bambino cresciuto in una torre d'avorio.
Grazie a Giuseppe Tornatore, a cui mando un grande abbraccio.
E' questa l'anima migliore del nostro cinema. E dobbiamo difenderla con le unghie e con i denti.