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LA MIGLIORE OFFERTA regia di Giuseppe Tornatore

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Sir_Montero     9 / 10  12/01/2013 14:31:59Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Come si può distinguere il falso dal vero? Esiste un criterio assoluto e universale che ci consenta di applicare alle cose quella facoltà razionale che gli antichi chiamavano discretio? E se invece, contro ogni apparente logicità, il vero e il falso non fossero due contraddittori, due elementi antipodici che si annichilano biunivocamente, ma due volti della stessa medaglia, intimamente legati in una maniera, e per uno scopo, a noi sconosciuta?
Questi, e diversi altri, gli interrogativi che questo grande film porta in scena, mostrandoli sullo sfondo di una riflessione parallela tra l'autenticità di un'opera d'arte e l'autenticità del sentire umano.
Al centro di questo intricato complesso, razionalistico e affettivo al contempo, vi è la straordinaria figura di Virgil (perfetto Rush in questa performance), genio solitario e alienato che sublima le sue carenze e incapacità emotive attraverso la sublimazione dell'arte interpretata, secondo i canoni classici, come veicolo quasi religioso di elevazione spirituale. I silenzi, le abitudini, i riti di Virgil verranno interrotti da un elemento di rottura che piomba, come un fulmine a ciel sereno, nella sua esistenza: una ragazza, erede di un vasto patrimonio familiare, vittima anche lei di uno strana forma di inadeguatezza alla vita, l'agorafobia. Tra i due crescerà un particolarissimo rapporto, che darà il via nel profondo di Virgil ad una metamorfosi radicale.
Attraverso l'utilizzo di una regia stilisticamente perfetta, contraddistinta da una precisione formale ineccepibile, ci ritroviamo immersi, inaspettatamente, in quella che sembra chiaramente rivelarsi come la trama di un noir psicologico dalle tinte fosche e disturbanti. Per i risvolti specifici della storia, rimando alla diretta visione della pellicola che lascia lo spettatore duramente colpito e scosso dall'inaspettato (ma ad un certo punto, prevedibile) epilogo.
La regia è, come già accennato, stilisticamente perfetta: non vi sono sbavature formal di alcun tipo; la fotografia è compiuta ed evocativa (alcune scene sono da brivido); le musiche di Morricone, ormai prevedibilmente, toccanti; la sceneggiatura è forse l'unica, piccola, carenza poichè in alcuni punti l'ho trovata leggermente superficiale e poco approfondita. La scena finale, nella sua crudezza, nella sua poeticità e evocatività resta forse l'acme stilistico e narrativo dell'intera vicenda.
Alla fine di tutto, resta una strisciante sensazione di amarezza, frutto della consapevolezza maturata secondo la quale nel mondo dell'uomo, dei suoi movimenti più intimi e nascosti, quei criteri di giudizio che abbiamo chiamato verità e falsità perdono il loro valore e il loro carattere distintivo, facendo sì che di ogni fenomeno interiore (e di ogni opera d'arte) si possa cogliere il tutto e il contrario di tutto, rendendo la verità una sublime manifestazione del falso e il falso un ingegnoso e quanto mai crudele scherzo della verità.

"Qualsiasi cosa succeda ricordati che..."