jack_torrence 7 / 10 13/01/2011 16:13:34 » Rispondi I film di Eastwood sono come i racconti o i romanzi di Hemingway. L'unica cosa è che, per quanto vadano contestualizzati nella storia del cinema, arrivano comunque in ritardo di 50 anni buoni.
Che poi piacciano e vengano osannati come campioni di grande classicismo, è anche per il loro essere in vortuosa controtendenza in un'epoca che ne è povera e ne sente più che mai il bisogno.
A differenza di altri lavori recenti di Eastwood (mi riferisco a "Gran Torino"), non ho riserve sulla forza morale di questo racconto. L'ho visto con grande partecipazione emotiva. Poi, qualche anno dopo, e ricordandomi benissimo la trama, l'ho rivisto, e non mi ha svelato un briciolo in più rispetto alla prima visione. Io ho bisogno, per amare un'opera d'arte, che essa mi dica qualcosa in più ogni volta che torno a contemplarla. Questione di gusti soggettivi? Sicuramente.
Terry Malloy 23/06/2011 14:37:40 » Rispondi ho paura che il Cinema sia più povero di questa risorsa rispetto alla letteratura e all'arte.
jack_torrence 24/06/2011 12:04:15 » Rispondi Ma no. O meglio, se ci riferiamo alle centinaia di film che guardiamo da apassionati, a conti fatti è vero. Ma la storia del cinema non è affatto povera di opere ricche di fascino, che si disvelano un poco di più a ogni visione. Anzi, è proprio tipicità del cinema, permettere questo arricchimento: perché è un'arte composita, in cui si stratificano (e vengono offerte contestualmente allo spettatore) esperienze diverse: testo, immagine, musica...
Comunque Terry, mi hai ricordato una frase di Kieslowsky, dove il maestro sosteneva che il cinema si ferma alla superficie, e per questo sarebbe arte irrimediabilmente meno dotata di potenzialità, rispetto alla letteratura. Tuttavia, è una considerazione che prenderei con cautela: basti pensarla che a farla è stato uno dei registi maggiormente capaci di andare, attraverso le immagini, ben oltre la superficie.