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MILLION DOLLAR BABY regia di Clint Eastwood

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kafka62     8 / 10  06/04/2018 16:02:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Franckie è un uomo oppresso dai sensi di colpa: lo comprende bene il sacerdote, alle cui funzioni Franckie si reca tutti i giorni da più di vent'anni, quando gli dice con schiettezza che solo un uomo tormentato dal rimorso può avere un rapporto simile con la religione; e lo dicono eloquentemente la sua misantropia, la sua scorza di uomo rude e scorbutico che evita il più possibile tutti i rapporti umani che esulano dalla professione di allenatore di pugilato, e anche il suo volto scavato dagli anni su cui raramente passa l'ombra di un sorriso. Eastwood sceglie di non descrivere nei dettagli il passato di Franckie, non spiega allo spettatore perché la figlia se ne è andata di casa e perché continua a rispedire al mittente le lettere che il padre le scrive. L'esistenza di Frankie è una cicatrice, un buco nero che la comparsa di Maggie, la ragazza che si presenta un giorno alla sua palestra intenzionata a diventare una pugilessa per fuggire da una vita di violenza e di miseria, viene improvvisamente a colmare. In Maggie il protagonista, dopo i primi momenti di ritrosia e di burbera scortesia, vede una seconda figlia, la possibilità stessa di riscattarsi dagli sbagli del passato. Ma "Million dollar baby" (come si intuisce fin dall'inizio, cioè dal fatto che la storia è narrata in flash back dalla voce dolente del nero Scrap) è una tragedia, e la fatalità – sotto forma di un grave incidente di gara che paralizza la ragazza e la costringe all'immobilità su un letto d'ospedale – è in agguato. Ora Franckie si trova di fronte a un difficile bivio, perché la ragazza, da lui amorevolmente accudita, gli chiede di aiutarla a morire: la prima opzione è quella religiosa, incarnata dal prete il quale, da lui interpellato, gli suggerisce ovviamente di lasciar fare a Dio ("Ma lei lo ha chiesto a me, non a Dio" è la sua rabbiosa risposta); la seconda è l'assunzione di una difficile e scomoda responsabilità, la scelta di addossarsi un peso immane pur di liberare un'altra persona dalla sua sofferenza. Franckie alla fine sceglie la seconda, prima di scomparire per sempre nel nulla di un futuro privo ormai di qualsiasi senso.
"Million dollar baby" non è un film sull'eutanasia, anche se alla fine fa riflettere non poco sulla liceità morale della dolce morte, e non è neppure 'solo' un film di pugilato, anche se la macchina da presa (molto belle le immagini degli incontri) esce raramente dalle palestre e dagli stadi. Eutanasia e pugilato sono piuttosto un pretesto per parlare metaforicamente d'altro. "Million dollar baby" è infatti soprattutto una pellicola sulla ineliminabile responsabilità che ha l'uomo di fronte a ogni avvenimento della propria vita e sulla tremenda difficoltà di un agire autenticamente etico in un mondo violento e immorale, che ha smarrito per strada i propri valori. Eastwood dimostra ancora una volta di essere un impareggiabile cantore del dolore dell'uomo contemporaneo in tutte le sue sfaccettature (solitudine, lotta per la sopravvivenza, perdita del rispetto di sé, ecc.), capace di scendere sempre più a fondo e di scandagliare il nocciolo duro (e qui, per semplice accostamento di termini, mi viene spontaneo citare "Il nocciolo della questione", il romanzo di Greene il cui protagonista ha più di una affinità con Franckie) dei sentimenti dei personaggi, nei confronti dei quali il regista americano mantiene un rapporto di profondo affetto e di sincera pietà. Il suo è un cinema virile, sobrio, asciutto, dove – nonostante i drammatici sviluppi narrativi – non scorrono lacrime sul volto dei protagonisti (una sola, piccola lacrima esce dall'occhio di Maggie un attimo prima di morire) e neppure su quello degli spettatori; un cinema antispettacolare eppure coinvolgente, commovente ma mai melodrammatico, un cinema tradizionale e allo stesso tempo originale, classico senza mai essere di maniera.