Constantine 6½ / 10 01/04/2013 21:42:22 » Rispondi Inificiato da una campagna pubblicitaria sbagliata che a più riprese, solo per la condivisione del 3D e della spettacolarità di alcuni effetti speciali, lo ha paragonato ad "Avatar" di Cameron, il film di Ang Lee sembra una lunga metafora orientale sulla fede. Visivamente la pellicola è spesso superba, lascia incantati, girata con meticolosità e sorretta da un ritmo accettabile (elemento non da poco visto che i tre quarti del racconto si svolgono in pieno oceano). Direi che tre su quattro Oscar sono strameritati.
Purtroppo a più riprese il giovane scrittore in visita al sopravvissuto Piscine chiede se il suo racconto lo farà credere in Dio, questo non fa altro che instillare la curiosità, l'attesa ed il dubbio anche nello spettatore che si ritrova a sua volta coinvolto in questa richiesta primordiale; alla fine della fiaba per Piscine c'è la realtà, e anche per noi, una realtà crudele e quasi inaccettabile, sull'onda della quale l'uomo chiede al giovane di scegliere quali dei due racconti preferisca. Quello in cui un giovane sopravvive a bordo di una scialuppa per più di duecento giorni nell'oceano assieme ad animali selvaggi e isole carnivore, oppure quella di pochi sopravvissuti che si uccidono e mangiano a vicenda per la sopravvivenza. Alla risposta dello scrittore canadese Pi dichiara che per Dio vale la stessa cosa. La metafora si chiude con l'esigenza, l'uomo ha bisogno della fede, una fede qualsiasi, che gli renda più sopportabile l'esistenza; per Pi, anche soltanto più magica, meno violenta, meno cruda, meno sordida, meno reale e per questo anche meno umana. Purtroppo lo trovo troppo comodo. Il clamoroso autogol del regista è a metà film quando mette nelle mani di un adolescente protagonista "Lo Straniero" di Albert Camus. Lì mi ero sentito legittimato ad aspettarmi qualcosa di più di un semplice è meglio credere in qualcosa che non credere a niente. L'uomo dev'essere in grado accettare la propria condizione umana. Superato questo scoglio concettuale del racconto non rimane molto altro, e questo diviene automaticamente il grosso limite dell'opera.
Pellicola girata con grande mestiere e talento, che perde a mio parere la sfida più ardua che si è prefissa, ma che comunque dev'essere celebrata per il tentativo. Un intrattenimento pregevole.
-Uskebasi- 03/05/2013 23:06:55 » Rispondi Ciao Constantine, intervengo per correggere quando dici: "alla fine della fiaba per Piscine c'è la realtà". In realtà (perdona il gioco di parole) la realtà è proprio la storia della tigre, il secondo racconto è un'invenzione per dare una storia credibile al resto del mondo. Pi può mentire a tutti, ma non a se stesso, e lui crede ciecamente in Dio, non da sempre (questo è il punto importante che può aiutare nella comprensione), ma in seguito a questo episodio. Se sopravvivi ad un esperienza di cannibalismo troveresti la Fede? No. Sul libro si capisce meglio quanto sto dicendo.
Insomma il senso è questo: domani tu stesso incontri Dio e vivi un'esperienza incredibile. Raccontandola a terzi ti renderai conto che è difficile, se non impossibile, crederti. Inventerai una versione plausibile che abbia lo stesso senso. Una volta ascoltate le 2 storie sta a chi ascolta scegliere a quale credere. Il film ci dice che Dio esiste ma che non può palesarsi, e c'è quindi la storiella più semplice, materiale e facile da accettare davanti ai nostri occhi. Tutti sono liberi di scegliere, ma chi ha Fede sa qual'è la verità.
Perdonami, ti ho scritto perché ho notato che hai apprezzato il film sotto tanti aspetti, ma non il più importante, non ha raggiunto il suo obiettivo. Anche secondo me, in caso contrario, sarebbe troppo comodo, ma posso assicurarti con un certezza quasi assoluta che quanto ti ho scritto è vero. Adesso il film ha un senso, e pure la Fede di Pi...