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VENUTO AL MONDO regia di Sergio Castellitto

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jack_torrence     7 / 10  27/11/2012 17:55:31Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Non è vero che il film ha il difetto di mettere troppa carne al fuoco. Certamente è complesso e non si segue facilmente; e altrettanto sicuramente sconta (rispetto al romanzo, che non ho letto) qualche semplificazione di troppo.
Tuttavia, "Venuto al mondo" è coinvolgente e strappa l'anima in più di un momento.
Si vede che l'opera è stata amata dagli autori, e profondamente sentita anche dal cast.

Però a Castellitto farei due osservazioni. La prima di poetica, la seconda di estetica.

La prima. il film gira attorno al pasoliniano senso di colpa della borghesia occidentale per la propria vuota agiatezza. (Sconta anche la pecca di descrivere un gruppo di freak sessantottini bosniaci molto simpatici ma che stanno lì a "provare troppo"). "Venuto al mondo" fa cortocircuitare questo senso di colpa (lo stesso che - irrisolto - gravava su "Non ti muovere") con la maternità, la paternità, l'innocenza dei figli, l'incapacità di sopravvivere all'orrore da parte degli animi sensibili... E l'insieme delle parti è notevole, sta in equilibrio, fa quasi gridare al capolavoro. Ma: il film non ne esce, da quello stucchevole senso di colpa. Anzi ne finisce schiacciato. Ancora una volta, il terzo mondo è una donna stuprata, sfruttata, lasciata in pasto a dei cani. Poi compresa, pietosamente, a posteriori, quando per lei è tardi, e c'è solo spazio ormai per dei buoni sentimenti.
Il senso di colpa non può essere lavato via. Meglio lasciare i figli nell'ignoranza di ciò che li riguarda: anche se le colpe ricadranno - viene detto - anche su di loro.
Sublimazione artistica?
A me sembra una tesi che viene esposta, senza essere stata compiuta e portata sin dove potrebbe/dovrebbe essere condotta.
C'è - alla fine - troppa autoindulgenza verso se stessi, c'è una (implicita) autoassoluzione. Nella Mazzantini, come in Castellitto.

La notazione stilistica è breve. Perché Castellitto non può proprio fare a meno di gridare tutto, costantemente sopra le righe? Ha paura che il film non "catturi" abbastanza? Però, così facendo, non si cura di distinguere fra il pathos di una scena di parto e quello degli spari di un cecchino. Gli orrori della guerra, così urlati, sono estetizzati, con un autocompiacimento che suscita qualche riserva (di quel genere di riserve di cui parlò Rivette, riguardo a un piano sequenza da lui ferocemente stroncato in Kapò di Pontecorvo - per intenderci).
Invia una mail all'autore del commento Totius  27/11/2012 23:55:49Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Minkkia Jack....sei un grande. Quasi mi offuschi il mito del Kowa!!!
jack_torrence  28/11/2012 11:55:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Ti ringrazio, ma non mi toccare il Kowa: è un mito anche per me, come per molti, qua!