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REALITY regia di Matteo Garrone

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amterme63     8 / 10  07/10/2012 23:50:02Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il giudizio su di un film di Garrone è quasi sempre un giudizio di gusto. Sì perché i suoi film sono caratterizzati da un determinato stile, tipico della sua produzione, il quale può piacere o non piacere. Soprattutto da questo dipende il giudizio complessivo sui suoi film.
E' uno stile composto più che altro da lunghissimi piani sequenza e dalla presenza ossessiva della macchina da presa a ridosso dei personaggi. Di conseguenza il punto di vista non è quasi mai statico o onnicomprensivo, ma sempre mosso, instabile e decentrato. Le scene non vengono quindi quasi mai viste con agio da un punto fermo di comoda osservazione come in un teatro (lo stile di Garrone è uno dei più anti-teatrali attualmente in circolazione) e per questo lo spettatore può provare disagio e "rifiuto". Inoltre la visuale ingigantente dei particolari può disorientare chi guarda. Si tratta di un modo di vedere e rappresentare le cose piuttosto eccentrico, per questo a molti non piace.
Però sta proprio in questo modo particolare di osservare il reale la forza dei suoi film. Come ci hanno insegnato "I viaggi di Gulliver" di Swift, vedere ingigantiti particolari in genere molto piccoli (come la pelle umana ad esempio) ha un effetto è a dir poco scioccante, da quanto appare rivoltante e brutto il normale, se visto da molto vicino. Lo stesso effetto lo fanno i film di Garrone, i quali non fanno altro che farci vedere in dettaglio molto ravvicinato il reale. L'umanità normale e quotidiana vista da vicinissimo, senza nessun filtro, è qualcosa che può facilmente schifare e impressionare per la sua bruttezza, o almeno per la sua marcata imperfezione.
Garrone quindi non ha paura di entrare nel mondo popolano napoletano, di farcelo vedere in maniera iperreale, ingrandendo a dismisura i suoi particolari altrimenti innosservati, le faccie vecchie o sdentate, i corpi sformati e i modi di fare molto esteriori ed esibizionisti. Il mondo dei bassi di Napoli, a differenza di quello di Scampia, è però visto con un pochino più di affetto e con una tenera ironia di stampo quasi felliniano.
L'oggetto del film è però il fatto che questo mondo popolare non ha più una sua cultura autonoma, viva e produttiva, o almeno questa è stata soppiantata dalla cultura di massa proveniente dal luccicante mondo del consumismo con le sue sirene. Ai quartieri popolari fa da pendant il centro commerciale, alla comunità di persona la televisione, ai giochi di strada l'acquafun. Nella cultura cosiddetta "popolare" adesso fa da padrone il mercato dei sogni da tre soldi, imbonitore e addormentatore di coscienze.
La sua presa è garantita soprattutto da una sottile strategia di contagio, che parte dai bambini (la parte più debole e impressionabile) e su su fino ai grandi. Certo Luciano perde la testa ma in realtà tutti all'inizio lo hanno spinto a cadere nel baratro, tutti sono responsabili, nessuno si salva. Il finale ci fa vedere che la presunta conversione religiosa era solo di facciata, come pure che la carità non serve a niente (vedi Viridiana di Bunuel).
La percezione distorta del reale di Luciano è rappresentata da un'originale soluzione visiva fatta di immagini a sfondo sfocato, i quali mettono in dubbio che quello che è visto sia effettivamente reale. Il finale ci lascia proprio con questo dilemma e forse con la consapevolezza che il recinto chiuso ed eterodiretto in cui vivono i partecipanti al Grande Fratello non è altro che la nostra realtà quotidiana.
"Reality" quindi rovescia i termini in cui vengono normalmente rappresentati gli spettacoli televisivi omonimi. Non è il fittizio che cerca di imitare o rappresentare il reale, ma è nel reale effettivo che si cerca in tutti i modi di riprodurre e imitare ciò che si vede in televisione.
jack_torrence  12/10/2012 18:14:35Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Luca: un commento straordinario il tuo.
Spero mi perdonerai se troverai nella mia recensione a "reality" osservazioni così vicine alle tue da essere quasi citazioni del tuo commento! Se ci fosse un modo per citarti in recensione lo userei.
Ciao
amterme63  13/10/2012 11:24:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Oh, Stefano, che bello risentirti!
Altro che perdonarti, sono orgoglioso che tu ti sia ritrovato nei miei pensieri. Mi fa piacere condividere con te le mie impressioni.
Grazie e non vedo l'ora di leggere la tua recensione.