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LA SPOSA PROMESSA (2012) regia di Yigal Bursztyn

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amterme63     6½ / 10  26/11/2012 18:36:57Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E' certamente un film che richiede molta curiosità da parte dello spettatore, pazienza e una passione etnologica per cerimonie e usi e costumi di un particolare gruppo sociale. Occorre anche essere interessati a piccoli-grandi avvenimenti così importanti per "piccole" persone (come ad esempio il matrimonio per una giovane ragazza, il mantenere unita sotto lo stesso tetto la famiglia per una madre, ecc.). Se preso da questo punto di vista (l'illustrazione del modo di pensare l'amore e la gestione familiare presso una comunità religiosa tradizionalista ebraica) allora è senz'altro un film molto interessante e ben fatto. Se invece si cerca spasso, divertimento, oppure un'esperienza emotiva forte che rimanga impressa, allora meglio non andare a vederlo.
La storia si svolge in maniera fortemente teatrale. I dialoghi, i primi piani, i campo-controcampo, le luci, le ambientazioni sono quindi essenziali e sono il cuore del film. Si cerca inoltre di illustrare un mondo tutto interiore e infatti dei protagonisti non sappiamo se lavorano, che mestiere fanno, cosa pensano del mondo che li circonda. Tutto il film si concentra quindi sul dilemma di una ragazza (Shira), se sposare o no il marito della sorella deceduta.
Chi si aspetta una presa di posizione netta da parte della regista contro usi e costumi retrivi, contro una società maschilista soffocante, con la protagonista che si ribella e diventa eroina di liberazione, si sbaglia. La regista resta fedele al mondo che descrive, lo illustra quasi in maniera impassibile, rappresentando le logiche che lo governano come se fossero naturali e quasi dovute.
La cosa paradossale è che proprio grazie alla fedeltà e alla minuzia della rappresentazione, si crea come una specie di estraniamento da parte dello spettatore nei confronti della storia che viene rappresentata, vediamo tutto dal di fuori e quindi siamo in grado di giudicare spassionatamente.
In questa maniera si evidenziano le tantissime assurdità di questo modo di vivere così chiuso e rigidamente regolato. Ci si sposa e ci si innamora senza conoscere l'altra persona. Si pensa di dare libertà a una persona quando invece è stata educata a non essere libera. Tutte contraddizioni che si riflettono nella povera 18enne Shira, che letteralmente non sa come comportarsi, non trova scelte, non trova sbocchi. Anche se volesse ribellarsi o cercare alternative non può perché non ce ne sono, non ne vede. Il senso di colpa introiettato fa il resto. La poveretta si trova ad agire in base a principi esterni alla propria volontà. Le si chiede sincerità, ma le poche volte che dice quello che pensa ferisce e umilia le persone, proprio perché il suo animo è incompatibile con quello che le viene offerto. Purtroppo questo tipo di società (quella chiusa e conservatrice) è vittima del formalismo e dell'ipocrisia e il film indirettamente ce ne dà una conferma.
Insomma, non riusciamo a capire cosa sentono veramente i personaggi e soprattutto SE sentono. La mdp non ci riesce e forse non vuole.
Del resto lo smarrimento e il fallimento di un sistema che pensa di rendere libero e felice il singolo individuo grazie al rispetto di ciò che è già stato stabilito da altri, è lampante nella bellissima scena finale (l'unica veramente riuscita del film).
Interessante documentario quindi di come sia impossibile (e non sia previsto) diventare donna (persona) libera e responsabile all'interno di una società tradizionalista (ebraica).