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SPRING BREAKERS - UNA VACANZA DA SBALLO regia di Harmony Korine

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Terry Malloy     4 / 10  18/11/2013 13:05:24Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Che imbarazzo vedere alcuni voti.

Bisognerebbe parlarne per ore, perché è verissimo tutto ciò che si dice a proposito dell'importanza di questo film e soprattutto del fatto che non è la solita stupida commedia americana. Ma oltre a questo non c'è molto altro.
Non voglio essere troppo polemico (lo sono già col voto), il film mi è piaciuto, e non fino a quando ho capito dove volesse andare a parare (quello si capisce fin dall'immenso prologo - il vero punto forte del film), ma quando sono stato letteralmente spiazzato da uno dei finali che si candida alla pole position dei finali più stupidi, incongrui e assurdi della cinematografia.
Già dalla comparsa di Franco a dire la verità il film cominciava a odorare di cacca, ma tutto sommato l'idea poteva essere amministrata bene. Perché? Perché da un punto di vista tecnico il film è un mezzo capolavoro. Nonostante l'abuso del ralenty (stilema che da "Drive" pare candidarsi come "Stilema degli anni dieci-venti", e francamente ha già rotto il *****), mi vengono in mente autentiche magie visive come la scena di Britney Spears, come la canzone delle quattro passerotte, persino la scena di sesso tra il boss nero e le due donnone. Capolavori. Cose che stupiscono, cose nuove che non siamo abituati a prevedere. L'impianto narrativo onirico, nel senso cartesiano "che i sogni non sono mai congiunti dalla memoria a tutte le altre azioni della vita, come lo sono le azioni che accadono a chi è desto", è una trovata splendida ed è proprio così, la vita fortemente aspirata dalle protagoniste (davvero in parte) è una vita slegata dalla coerenza della sintassi della realtà. E' vivere in un eterno presente medievale, in una dimensione iperuranica che ha bisogno di alcuni imput fondamentali per congiungersi con questo extra-mondo intermondano, che è lo Spring Break.Sono gli imput della musica, della droga, del sarcasmo soffocante di recitare alcune parti già scritte sul proprio corpo (si veda la scena lunghissima di Cottie e dei suoi "pretendenti"). La critica moralistica del regista è resa in modo impeccabile dall'immenso lavoro sul filmico, ma pecca mostruosamente in sede di sceneggiatura. Basta con sto "american dream" che puzza di altmanismo stantio revisionato ai tempi delle new generations. Che bisogno c'è? Non c'è nessun american dream, è il non volere staccarsi dagli anni Settanta. Ricordate: eterno presente, eterno presente. Non c'è spazio per la storia. Non c'è spazio per le lezioni di storia contemporanea al college. Do un voto esageratamente basso perché questo è il caso peggiore: poteva essere un capolavoro, ma non lo è stato. Che delusione.