caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

AMOUR regia di Michael Haneke

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
pier(pa)     4 / 10  08/01/2013 15:48:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Haneke si applica un poco rigidamente in questa pellicola, stilisticamente piatta, o meglio aggiornata a un certo senso cinematografico comune, che tanto bene (o almeno coraggiosamente) era stato accantonato con Funny games e il Nastro bianco.
Incredibile è come appena si tratti un tema "delicato" con una chiave di lettura "contemporanea", si senta il bisogno di tornare a un certo classicismo, deferenti e pudici. Qualcosa vicino al: ho già osato così, di più sarebbe troppo.

C'è davvero poco in questo film, oltre a un senso di pietà molto aristocratico; il vecchietto che difende la sua vita, sua moglie, e ne sottrae la decadenza perfino alla vista della figlia.
Si risente, purtroppo, una certa pretestuosità in alcune scene e, in effetti, nei vari modi della narrazione.

Non voglio toccare sempre lo stesso punto, ma il cinema ha frantumato i cosiddetti nell'occuparsi di spirito umano al di là dello spirito, in contesti materiali sempre esasperatamente borghesi che fanno la gioia dei teorici marxisti, sottraendo l'immagine alla cultura dei "contesti" e proponendone in continuazione di "adeguati alle buone intenzioni".

Voglio dire che Georges costruisce intorno a quanto gli è accaduto un mondo che è possibile non in quanto patisce determinate sofferenze, ma in quanto ne patisce troppo poche. Occulta la moglie, se ne occupa fino all'esasperazione (di se stesso e di lei), edifica un fragile mondo nuovo per salvare il più possibile del vecchio. Un anziano di oggi avrebbe modo e tempo per queste attività? Fin dove il suo problema potrebbe permettersi di essere solo astrattamente "spirituale", sentimentale? Fin dove potrebbe escludere la materia, la vita concreta, dalla sua sfera affettiva? Fin dove potrebbe dare mille euro a un'infermiera?
Mi sembra che Haneke ci parli di un'infelicità affettata, sempre troppo borghese, e che mitighi continuamente il dramma potenziale del suo racconto rendendolo più stucchevole e digeribile, spostandolo verso un puro sentimentalismo che è ben lontano da quello di un Dostoevskij de "memorie dalla casa dei morti", dove il sentimento più nobile e nobilitante è sempre legato alla situazione più infima e degradata.

In conclusione il film può essere bello e toccante, di certo lo è. Punisco l'eccessiva edulcorazione della storia, la poca materialità, l'eccessiva astrattezza di sentimenti che non esistono, che non ci possiamo permettere di continuare a raccontare. Che appartengono a un'epoca storica diversa, e di conseguenza a un cinema diverso.
Dom.Marchettini  19/02/2013 23:50:20Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Commento esilarante.
Più che assolutamente assurdo nelle critiche che muove, dimostra un'indubbia, pressoché totale ignoranza degli argomenti di cui -a botte di superc.azzole- si vorrebbe millantare la competenza.
Il che, associato ad altrettanto indubbia boriosità, meriterebbe assai poco una replica.
Alcune affermazioni però farebbero imbestialire un bonzo tibetano.

"Deferente e pudico"?
"Eccessiva edulcorazione"?
"Infelicità affettata"?
"Puro sentimentalismo"?

...Haneke???

Non so se ridere o se piangere.
Anzi lo so: piango.

Ma come si fa a definire edulcorato uno che ha avuto le palle per fare della dilatazione temporale, della costipazione narrativa, di trame (volutamente) prive di un qualsiasi punto focale quando non del tutto assenti, nonché del sadismo registico nel mostrare tutto ciò che il montaggio è nato per sopprimere, la sua cifra stilistica?
Ma ti ha sfiorato l'idea che il protagonista non appartenga alla vituperata schiera dei pensionati itagliani ormai ridotti alla fame?

E poi, di grazia, che cosa c.a.z.z.o c'entrano il marxismo e Dostoevskij?

L'unico ad essere pretestuoso sei tu, nel pretendere si prendano sul serio le minchiate che vomiti a sproposito.

Raccomando una full immersion nel regno del Cinema (ma quello vero, non la diarrea mainstream spacciata per introspezione filmica tipo "Cloud atlas", o quella porcata finto-autoriale di "Antichrist", per intenderci) onde potersi approcciare con sufficiente cognizione di causa ad opere che -palesemente- non si è in grado neanche di guardare, figuriamoci comprendere.

"L'eccessiva astrattezza di sentimenti che non esistono".
Qui ti sei proprio superato.
pier(pa)  11/05/2013 18:37:33Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Noto che ti è stato, purtroppo, difficile comprendere un elemento essenziale.

Edulcorati, maneggiati, affettati sono, in questo film, i contenuti. Lo stile, mi dispiace, non mi interessa. Ma non mi interessa da prima, dal non-tempo del suo superamento nella cultura iconografica orientale, fino al teatro novecentesco. Perciò, davvero, torna su questo film guardando al contenuto. Torna anche su un banale mainstream (sono d'accordo) come Cloud Atlas, e guarda al contenuto, ma non perché valga di più in quanto contenuto, ma perché è estetica pura che perde il legame con la forma come forma, e l'acquista nella forma come al di là della forma, come contenuto, appunto.
Questo film sul vecchietto che soffre per la moglie malata è inno alla pura forma, nonostante (come sottolinei) la superi in tutte le sue virtù tecniche classiche. Ma staccarsi dal classico vuol dire esserne indipendente? O averlo davanti come ossessione?
Difficile, ma puoi farcela :)
Dom.Marchettini  18/11/2013 22:58:00Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
...Guesùcristaccio, ma ti rileggi mai?