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BELLA ADDORMENTATA regia di Marco Bellocchio

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Invia una mail all'autore del commento LukeMC67     9 / 10  09/09/2012 02:08:41Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Vedere questo film per me è stata un'esperienza emotiva molto pregnante: circa un anno dopo la morte di Eluana, infatti, mi trovai a collaborare all'organizzazione di una serie di incontri pubblici con Beppino Englaro a Pesaro e Fano che hanno scatenato la stessa isteria religiosa descritta perfettamente nel film. In quei giorni mi davo da fare sorretto dalle stampelle perché reduce da un frontale e ricordo perfettamente con quale lucidità affrontai le comunità cattoliche che esibivano senza pudore persone affette da grandi disabilità accompagnate da cartelli simili a quelli mostrati dal film. E ricordo la totale incomunicabilità tra Beppino Englaro e il drappello di persone laiche con l'argomentazione dogmatista e arrogante dei giornalisti di "Avvenire" autori del libro "La verità su Eluana": semplicemente parlavano due lingue diverse, nessuno rispondeva alle argomentazioni -giuste o sbagliate che fossero- dell'altro. Molte sequenze del film, dunque, mi rimandavano a cose vissute realmente (l'invasività dei sacerdoti in ospedale, ad esempio, mi è rimasta molto impressa; per non parlare del fondamentalismo ideologico di molti dottori o infermieri); ma ricordo anche le lunghe riflessioni che facevo col personale più "aperto" dell'ospedale in cui ero ricoverato su sedia a rotelle, riflessioni stimolate anche dal fatto che la mia stanza d'ospedale stava giusto un piano sopra l'"unità di risveglio" sotto la quale giaceva, tra gli altri, un uomo in coma vegetativo da una ventina d'anni. Anch'io, come il personaggio del figlio della coppia di attori, mi sono spesso chiesto dove fosse quell'uomo e se fosse giusto che le (ingenti) risorse destinate a cure che non avrebbero mai sortito alcun effetto, non fosse stato meglio deviarle verso pazienti il cui recupero era comunque più che probabile. E ricordo la giornata intera passata accanto a Beppino Englaro, uomo spigoloso, dotato di una forza d'animo e di un ruvidissimo quanto sincero amore sconfinato per la figlia: un vero soldato del senso civico e del rispetto per la volontà della figlia, rispetto e amore che gli hanno dato la forza di combattere per 17 anni senza colpo ferire contro tutto e contro tutti e poi di continuare nella sua opera di testimonianza civile attiva con dibattiti sempre controversi e gonfi di carica emotiva e ideologica.

Questa lunga premessa serve a descrivere quale fosse il livello di coinvolgimento personale nella visione di questo film e quanto possa aver apprezzato la capacità di Bellocchio di aver deviato l'attenzione dal mero fatto di cronaca (che comunque trasuda in ogni sequenza del film) alle storie volutamente paradossali e antitetiche che servono a mo' di profondissima riflessione su tutte (ma proprio tutte) le sfaccettature della complessità dei temi evocati dal caso-Eluana.
Anzitutto va detto che questa opera è profondamente e compiutamente "cinematografica": ha uno stile precisissimo, sorretto dalla straordinaria fotografia claustrofobica, cupa e notturna di Daniele Ciprì, accompagnata dalle intriganti musiche di Carlo Crivelli e dallo splendido montaggio di Francesca Calvelli. Ma sono gli attori, sempre con la cinepresa inesorabilmente addosso, a rendere ogni minima sfaccettatura delle complesse e paradossali vicende che si trovano a vivere attraverso i loro personaggi: non ce n'è uno a non essere tratteggiato con la giusta compiutezza e con la giusta partecipazione emotiva e distanza insieme. Ecco, il vero capolavoro Bellocchio riesce a raggiungerlo dando equanime spazio ai drammi di tutti i suoi personaggi, trattati con insolito amore da un regista altrimenti noto per il sarcasmo con cui ha affrontato altri personaggi in altri suoi film decisamente "militanti".
Difficile davvero riuscire a far emergere una storia sulle altre: tutte ti rimangono straordinariamente impresse perché in tutte riusciamo a entrare in empatia con chi le vive, condividendo i dubbi e i tormenti di ogni protagonista. Se si può rimanere perplessi sulla iniziale descrizione delle abnormi pratiche religiose dell'ex-attrice francese con figlia in coma (sequenze che peccano di eccessiva teatralità, a mio parere), tutto il resto viene mostrato con una intensità, un realismo e una delicatezza d'insieme che lasciano stupefatti. Bellocchio non ci risparmia nulla nella narrazione (bella nella sua crudeltà anche la citazione della "Vera storia della signora dalle Camelie" di Bolognini con una giovanissima Huppert che, rósa dalla tisi e dall'anemia, è costretta ad abbeverarsi del sangue dei bovini appena abbattuti al mattatoio), mentre cosparge il film di dettagli prettamente cinematografici che culminano con la commovente, tenera sequenza della tossica aspirante suicida che toglie delicatamente le scarpe al solitario dottore che la assiste amorevolmente dopo averle salvato più volte la vita contro il suo volere. Inevitabile citare la magistrale ambientazione da girone infernale nella sauna durante la quale un Roberto Herlitzka in stato di grazia ci offre l'unico, pungentissimo momento di sferzante ironia del film attraverso l'incontro col senatore berlusconiano dilaniato dai conflitti familiari e di coscienza (ormai come incensare ulteriormente Toni Servillo? E' semplicemente impossibile!). Altissima la tensione erotica nell'incontro tra Roberto e Maria, i ragazzi del film (apparentemente) divisi dalle convinzioni ideologiche ai quali, prima dell'inesorabile, passionalissimo amplesso cui si abbandonano, Bellocchio riserva un dettaglio straordinario: Maria butta dietro la schiena la collanina che sorregge un piccolo crocifisso, quasi a suggellare l'immensa superiorità della forza di Eros su quella delle convinzioni religiose più profonde. O ancora lo straordinario, stridente contrasto tra l'intensissima prova del discorso del Senatore dissenziente rinchiuso nel suo studio di Palazzo Madama prima del voto in Aula con l'irruzione dei suoi compagni di partito pronti a ricondurlo alla disciplina parlamentare. O ancora, la follia isterica dell'uomo che entra nell'affollatissimo Pronto Soccorso (altra scena tristemente familiare per me) cercando con accanita, devastante disperazione un congiunto probabilmente defunto la cui morte non ha evidentemente mai accettato...

Da vero, grande laico, Bellocchio si pone e ci pone tutte le domande che un caso come quello di Eluana Englaro può suscitare in ognuno di noi; senza imporre il suo punto di vista, ma, anzi, trattando con umanità e laica misericordia ogni personaggio. Quella misericordia che sembra smarrita da tanti sedicenti "credenti" sempre pronti a imporre spietatamente erga omnes i loro valori cosiddetti "non negoziabili".
amterme63  12/09/2012 21:07:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Straordinario commento, Luca. Sei sempre bravissimo! Guardo di non farmelo scappare questo film.
Una sola cosa. Questa frase: "E ricordo la totale incomunicabilità tra Beppino Englaro e il drappello di persone laiche", probabilmente tu intendevi "religiose"?