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KEYHOLE regia di Guy Maddin

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     7 / 10  01/08/2013 10:57:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
L'odissea itinerante di questo Ulysses versione criminale si svolge all'interno di quella che fu la sua dimora. Una moglie, quattro figli, il senso di tragedia incombente. L'uomo cerca di ricostruire il passato completamente rimosso, lo spettatore segue con affanno l'arrancare tra ricordi e (forse) sogni.
Gli enigmi si accumulano fomentando un senso di impotenza e inquietudine, quest'ultima accresciuta dall'assillante e tetro tappeto sonoro.
Un vecchio nudo incatenato al letto, presenze sofferenti a spasso tra i corridoi, un medico divorato dai sensi di colpa, donne annegate che fanno da guida, una banda di malviventi braccata dalla polizia; il risultato è che si rischia di uscire con le ossa rotte da tale visione, dove rimpianti e confuse reminiscenze prendono vita infestando luoghi a loro ormai negati.
Il ginepraio onirico è davvero intricato, un limbo frustrante in cui all'intuizione, alla presunta conoscenza, fa immediatamente seguito la beffarda indeterminatezza.
Non resta che lasciarsi trasportare dal flusso di immagini-ricordo esaltate da un accentuato espressionismo rigorosamente in bianco e nero, godersi i giochi di luce, i chiaroscuri che punteggiano elegantemente la pellicola.
Confezione di lusso per una ghost story (molto) sui generis con deviazioni gangsteristiche, visivamente molto affascinante, meno lodevole sul piano del coinvolgimento per via di un' ermeticità ricusante.
Guy Maddin, artista canadese da alcuni accostato addirittura a Lynch, mostra gran talento e se ne compiace in modo seccante, lasciando intuire che gli interessa ben poco rendere accessibili al mondo le sue elucubrazioni distorte.
Rompicapo di classe, ben recitato e sprofondato in fantastiche atmosfere da vetusto noir, ma anche sfiancante e snob.
Sicuramente lontanissimo dalla classica idea di cinema, da vedersi a mente strarilassata.