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L'ATALANTE regia di Jean Vigo

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amterme63     10 / 10  19/02/2008 22:16:22Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
E’ da due giorni che rifletto su questo film. Posso ora dire che per me si tratta di un capolavoro. Il suo segreto sta nella semplicità e nella poeticità della storia e dei personaggi mostrati. E’ qualcosa che colpisce per la naturalezza dei sentimenti e dei comportamenti, per il fascino visivo delle scene e delle immagini. C’è tanta tanta spontaneità, tanta emozione, tanta bellezza, tanto amore per la vita e per le piccole/grandi persone semplici, preziosissime anche se modeste. E’ come se Vigo, sentendo andare via la propria vita, avesse voluto lasciare una grande testimonianza di affetto per questa impareggiabile esperienza e avesse cercato di farci scoprire i piccoli/grandi tesori che la vita nasconde anche nelle cose più umili.
Sono tre gli aspetti che Vigo esalta in quest’opera: la gioventù/bellezza/entusiasmo/gioia dei sensi, la ricchezza etica e interiore che dà il vivere con pienezza/varietà e il grande potere dell’arte nel farci vivere meglio. Il primo aspetto è rappresentato dai due protagonisti: Jean e Juliette. Sono giovani e belli; Jean è spesso a torso nudo, spesso viene mostrata anche la splendida silouhette di Juliette. Tutto intorno a loro è bellezza e semplicità. Vediamo il loro informale corteo nuziale che attraversa paesetti, campi, prati e infine approda alla chiatta sul canale, simbolo di vita girovaga e varia, di anticonformismo. La scena di Juliette vestita da sposa che cammina sull’Atalante rimane impressa nella memoria per la sua bellezza visiva. I loro abbracci sono molto sensuali pur essendo molto pudici, proprio perché sono spontanei e naturali. C’è tanta fantasia, tanta poesia delle piccole cose come nel gioco dello stare a occhi aperti sott’acqua per vedere apparire la persona amata. Come si fa a dimenticare la scena della nuotata ad occhi aperti di Jean per “cercare” l’immagine di Juliette? Una scena esemplare che dimostra come l’intento di Vigo è di smuovere il nostro animo con la forza poetica e emotiva dei sentimenti. Certo non è tutto rose e fiori. Il mondo esterno ci mette il suo zampino con la durezza del vivere (il lavoro di Jean) e con i mille richiami delle apparenze (che incantano Juliette). L’incomprensione, l’egoismo, la gelosia rischiano di rovinare il loro rapporto. Ma è proprio l’assenza dell’amato che fa comprendere quanto questo sia necessario e come l’amore per la persona cara sia la cosa più preziosa al mondo, che va trattata con cura, pazienza e tolleranza.
Accanto alla bellezza c’è anche la bruttezza fisica accompagnata però dalla pienezza e dall’esperienza del vivere e da un animo buono e nobile. Père Jules è la figura più interessante e ricca di significato del film. Rappresenta l’ideale etico di Vigo. Infatti a fronte dell’ideale borghese dell’uomo di successo rappresentato da chi ha soldi e sfoggia oggetti materiali, Vigo contrappone il suo ideale di uomo povero e modesto ma ricco di esperienza, che ha provato tutto, ha vissuto il più intensamente possibile, il libero anticonformista che “sfoggia” sul suo corpo la sua ricchezza di vita. Ma è l’animo, l’interiorità la parte più bella del “rude” e brusco Jules. Ama la natura (la passione per i gatti), ma soprattutto la musica. Ed ecco qui l’altro affascinante messaggio del film: la magia e il fascino dell’arte che riesce a rendere la vita più bella e più vivace. Il personaggio del venditore ambulante è un altro “polo etico” del mondo di Vigo: affascina, diverte, porta pericolo ma anche piacere; sovverte e spezza le catene che imprigionano la libera espressione interiore umana. E’ qualcosa di molto potente e “pericoloso”, non a caso viene scacciato dal locale “serio”. Poi c’è la musica, il grande balsamo del vivere, la cura per i mali interiori, la magia che fa ritrovare i due amanti, il regalo di Jules al mondo. C’è una scena molto particolare verso la fine, quando Père Jules esce sulla chiatta con il grammofono in mano (dopo essere riuscito a farlo funzionare miracolosamente), seguito a mo’ di processione laica da Jean e dal mozzo; questa scena ricorda moltissimo i film di Fellini, altro grande “debitore” del cinema di Vigo. Fellini ha portato alle estreme conseguenze il concetto di poeticità del vivere, presente già nell’Atalante.
Peccato peccato davvero che questo sia stato l’ultimo film di Vigo …
Marco Iafrate  19/02/2008 22:46:16Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Gran bel commento Luca, beh il 10 me lo aspettavo, la purezza espressiva che sprigiona il film, insieme alla luminosità visiva delle cose, dei corpi, dei gesti, ne fanno un capolavoro; purtroppo Vigo era già ammalato quando iniziò questo suo "canto del cigno", tanto che non riuscì neanche a terminarne il montaggio. Sono d'accordo con te, peccato veramente...