LaCalamita 9½ / 10 26/12/2018 06:24:45 » Rispondi Film drammatico...drammaticamente ignorato. Apparentemente quella che può sembrare la classica pellicola a tema adolescenziale si rivela in realtà una sorta di affresco totale della realtà (occidentale) odierna. Perchè la vita per moltissimi di noi non è la guerra, le catastrofi naturali, le malattie e la sopravvivenza, ma le dinamiche di ogni giorno, questo seguire il flusso in un apparente senso logico delle cose. Ma spesso è il caos: noi non conosciamo neppure noi stessi, come siamo fatti, come funzioniamo, figurarsi gli altri. La protagonista, personaggio (persona?) tratteggiata da una sceneggiatura fantastica, si ritrova a fronteggiare una matassa apparentemente inestricabile: la vita non è costruita in modo che tu possa stare "a casa" a studiare la teoria, così poi puoi comodamente mettere in pratica quanto appreso. No. Una volta fai prima pratica (con zero teoria), un'altra hai imparato male e metti in pratica male, e così via. Questo senza considerare che ci sono le persone: sì l'elefante nella stanza sono loro per Lisa: il mondo è il suo personale parco giochi, le persone esistono in funzione di lei. A tal proposito il film ha diverse intuizioni magnifiche, come ad esempio:
il mostrare come perfino l'aver assistito ad un decesso in primissima persona non smuova l'animo della protagonista per l'effettivo dispiacere per l'Altro, ma è uno dei suoi tratti narcisistici, lo show è per lei. Consapevolmente colpevole? No! E' l'incoscienza che la guida un pò in tutte le sue azioni
Il gigante del film sono i rapporti umani: tutti i personaggi sono alla ricerca degli altri esseri umani. Un concetto banale e però FONDAMENTALE. Margaret ne parla bene come pochissimi altri film. Solo man mano che andava avanti mi accorgevo sempre di più che Margaret avesse qualcosa di diverso dal solito. A mio parere non lo eguaglia neppure Manchester By the Sea che, pur presentando un'analoga struttura di svelamento dei moti interiori del protagonista, non raggiunge quei picchi di profondità che il secondo lavoro di Lonergan ha, oltre che come ho detto questo carattere universale. Potrei provare a lasciarmi ispirare da varie parti del film e continuare a scrivere, ma mi fermo qui, chiudo sull'incredibile finale, tanto è bello:
Lisa settimane prima continua lo stesso schema di sempre ovvero l'incomunicabilità con la madre. La stessa cerca di legare proponendole di andare a teatro insieme, ma la figlia dà picche, sostenendo quanto l'opera non le piacesse in quanto costruita e poco emozionante. Alla fine arriva finalmente l'occasione: Lisa giunge allo spettacolo carica di una tensione accumulata da diverso tempo (la stessa sera ha anche rivisto l'autista dell'autobus). L'opera ha inizio e la ragazza comincia a sentire qualcosa. La bellezza dell'arte sta sciogliendo quella rigidità maledetta che l'ha ingabbiata in una spirale violenta intesa come conflittualità con il mondo intero (la madre, Monica, i compagni a scuola). Si lascia così andare al pianto, stavolta sì liberatorio. Finalmente Lisa si APRE ALL'ALTRO, cercando il contatto umano: prendendole la mano, poi guardandosi negli occhi. In pochi attimi la madre capisce, la figlia capisce, e si lasciano andare ad un abbraccio che sa di vittoria vera, anche se l'indomani la vita sarà ancora lì, pronta per essere complicata. L'idea è che sia tutto un "finalmente" e un "lasciarsi andare"
Praticamente un capolavoro del suo genere.
StIwY 03/05/2022 16:17:29 » Rispondi Nove e mezzo? Ma anche no.... Nove e mezzo significa rasentare la perfezione, e questo film è tutt'altro che perfetto.