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HUNGER GAMES regia di Gary Ross

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Dom Cobb     4 / 10  20/09/2014 12:22:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
In un futuro distopico, in cui le varie città sono divise in distretti, ciascun distretto è costretto a mandare due prescelti, una ragazza e un ragazzo, nella capitale per gli annuali Hunger Games, un sadico gioco di sopravvivenza trasmesso ovunque in diretta televisiva. Fra i contendenti c'è Katniss, una ragazza abile tiratrice con l'arco, che finirà per cambiare le regole del gioco...
Se la saga di Harry Potter ha fatto da apripista a una serie di adattamenti fantasy che ne risultavano una più copia carbone dell'altra, questo Hunger Games può essere considerato allo stesso tempo un'evoluzione di tale processo e, a sua volta, l'apripista di un fenomeno molto simile nel genere della fantascienza distopica. Un fenomeno che, alla luce di recenti uscite alquanto scadenti, sembra aver già stufato gran parte del pubblico per la sua ripetitività. E anche se dicono che il primo prodotto di un genere sia il migliore, per me non è questo il caso.
Per mettere le cose in chiaro, non ho nulla contro la critica sociale e la satira in stile Truman Show. Anzi, oltre all'ottimo riscontro di critica e pubblico, era stata proprio la prospettiva di unire il genere dell'azione fantascientifica con l'elemento riflessivo ad attirare la mia attenzione su questo film, non certo la popolarità dei romanzi, che non ho mai letto. Naturalmente, il messaggio che Gary Ross e compagni volevano esprimere era chiaro fin dalla lettura della sinossi, ma nonostante tutto, speravo comunque in un paio d'ore di intrattenimento intelligente.
Mai smentita fu più cocente.
Hunger Games risulta far parte di quella categoria di film che non si possono considerare né belli, né brutti, ma solamente una pura perdita di tempo; questo perché, a differenza di un film bello o brutto, questo non ti lascia dietro neanche un minimo di impatto, neanche uno straccio di emozione una volta terminata la visione.
Non c'è molto da dire sul lato tecnico, forse intenzionalmente povero, come a voler sottolineare un generale clima di degrado; al massimo, si segnalano in negativo qualche attacco di Parkinson da parte degli operatori della hand-cam e degli effetti speciali che definire pacchiani è quasi un complimento.


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Ma questo è l'aspetto del film che mi ha infastidito di meno. Il vero problema è che il film non fa nulla per rendere più sottile il messaggio di critica sociale che vuole esprimere: esso è talmente evidente, così sbattuto in faccia fin da ancora prima dell'inizio della visione, che ogni scena creata allo scopo di sottolineare questo concetto risulta irritante per come sembra prendere il pubblico per una masnada di imbecilli incapaci di capire le ovvie "allusioni". E', in altre parole, un film che quello che ha da dire, lo dice ancora prima di iniziare, eppure continua a dilungarsi sullo stesso concetto per apparire più intelligente di quanto non lo sia davvero.
Non aiuta a creare il benché minimo coinvolgimento un ritmo pachidermico, la cronica assenza di qualsivoglia scena d'azione o di suspence, e un cast che fa di tutto per rendere antipatici e piatti i personaggi raffigurati. Jennifer Lawrence non fa altro che vagare con una (e dico UNA) espressione facciale per tutti i 130 minuti di durata.


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A parte il fatto che, con quella sua faccia da bambolina preconfezionata, non mi è mai stata simpatica, il punto è che la sua interpretazione è tutto, fuorché naturale. Sembra quasi che voglia costringere il pubblico a provare pietà per lei e che ignori che il modo migliore per esprimere tutto ciò è un qualcosa di spontaneo piuttosto che studiato a tavolino.
I comprimari non se la cavano neanche per sogno: si passa da un Liam Hemsworth messo lì solo per il suo legame di parentela con il ben più talentuoso fratello Chris a dei cattivi incolori, fino a un cammeo di Donald Sutherland che, con tutti i fallimenti cui a preso parte negli ultimi anni, mi stupisce che non abbia ancora preso in considerazione l'idea di ritirarsi. E tutti caratterizzati da un trucco e un abbigliamento risibili, quasi ridicoli per quanto sono esagerati. L'unico che si salva è il sempre strepitoso Stanley Tucci, vero mattatore della pellicola, cui (giustamente, visto il suo ruolo) viene affidato fin troppo poco spazio per i miei gusti.
Così, con queste povere premesse, il film si trascina per una durata che, ben presto, sembra farsi infinita, fra interminabili scene di dialogo, patetiche scene di pianto e dolore e, come sempre, la solita sottotrama romantica che, ormai, ha davvero rotto i cosiddetti. Una mistura micidiale: di solito non mi addormento mai quando guardo un film, penso sia una cosa proibitiva, specie se di quel film vuoi in seguito esprimere un giudizio, ma stavolta ci sono andato vicino più di una volta.
In definitiva, Hunger Games è un film di cui i motivi del successo che ha avuto, francamente mi sfugge di fronte alla sua intrinseca banalità: non mi ha lasciato nulla, solo un gran senso di vuoto e di noia, obiettivo raro da raggiungere per un film quando si tratta du un appassionato di cinema come me. Godetevi i seguiti, se vi va, ma per quanto mi riguarda, la mia esperienza con questa saga inizia e finisce qui.
Dom Cobb  20/09/2014 12:28:12Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Chiedo perdono per gli occasionali errori di grammatica. Tastiera difettosa...