Dom Cobb 9½ / 10 03/05/2012 18:36:54 » Rispondi Uno dei miei preferiti, merito principalmente dell'azione a go go dall'inizio alla fine, di un cattivo davvero cattivo, interpretato da un sadico Christopher Walken, una posta in gioco davvero alta, poca ma davvero ben piazzata ironia
Mi chiamo Bond. James Bond. E io sono l'Uomo Ragno. La dichiaro in arresto.
e, soprattutto, nella perfetta colonna sonora, caratterizzata da un'accattivante brano dei Duran Duran. Inoltre, altro punto a favore del film (tralasciando una sexy Tanya Roberts e una glacialmente perfetta Grace Jones) è uno degli scontri finali migliori di tutta la saga, se non il migliore in assoluto. Mezzo voto in meno per Moore, che resta bravo ma mostra fin troppo la sua età.
Dom Cobb 08/01/2023 21:46:15 » Rispondi L'industriale Max Zorin, all'avanguardia nella ricerca elettronica dei microchip, viene sospettato dal governo inglese di essere una spia del KGB e invia l'agente segreto James Bond a investigare le fughe di notizie dai suoi stabilimenti. L'agente 007 si vede costretto a unire le forze con la geologa Stacey Sutton mentre scopre che Zorin sta organizzando un misterioso progetto dal nome Main Strike e dovrà vedersela con la letale guardia del corpo di Zorin, May Day, per fermarlo... Arrivata al settimo lungometraggio con protagonista Roger Moore, la serie di James Bond continua la sua corsa degli anni '80 rimanendo fedelmente nella traccia marcata dai suoi predecessori: ci si limita a riprendere il tipico mix di azione spettacolare, avventura sfrenata e humour tipicamente inglese come da manuale senza aggiungere niente di nuovo o diverso dal solito, con la stessa troupe senza cambiamenti degni di nota. Il risultato giunge nelle sale con una relativa freddezza da parte della critica, pur mantenendo alti gli incassi, e a questo si accompagna la decisione di Moore, dopo dodici anni, di ritirarsi per sempre dal ruolo che lo ha consacrato all'immaginario collettivo. "Bersaglio mobile", versione italiana del virtualmente intraducibile titolo inglese "A View to a Kill", è un film affascinante sotto molti aspetti, sebbene non rappresenti una cima per la serie e il prodotto finale risenta di una relativa stanchezza, o piuttosto della sensazione di star viaggiando con il pilota automatico: il regista John Glen e gli sceneggiatori Richard Maibaum e Michael G. Wilson sono del tutto a loro agio col Bond di Moore, sanno chi è e quali sono i suoi punti di forza e si limitano a giocarci dai buoni mestieranti che sono. Lo stile asciutto e senza fronzoli è quello, il senso dell'umorismo anche; poco o nulla viene fatto per aggiornare la formula, persino alcune scene d'azione, pur eseguite con la solita maestria, possono sapere di già visto. Anche l'elemento più famigerato di tutti, la vecchiaia di Moore, viene completamente ignorato e l'attore e la sceneggiatura si limitano a comportarsi come se niente fosse, un'altra giornata d'ufficio senza nulla di particolare. Forse è questo ad aver causato tanto sprezzo al tempo della sua uscita, e forse anche per questo la pellicola al giorno d'oggi non gode di molti favori. Eppure, a me personalmente non pesa affatto: prima di tutto perché, posto che il lato tecnico magari soffre di un montaggio a tratti un po' approssimativo, esso rimane sempre di prim'ordine e anche le scene action in apparenza più ripetitive sono costellate di tocchi capaci di renderle uniche e memorabili.
Il prologo contiene l'ennesimo inseguimento di sci, ravvivato però dall'uso di motoslitte e addirittura uno snowboard improvvisato sulle note di "California Girls". Similmente, un inseguimento in macchina per le vie di Parigi viene reinventato come un inseguimento macchina-paracadute, con tanto di lanci dalla cima della Torre Eiffel, salti sui tetti degli autobus e progressiva demolizione dell'auto di Bond, di cui alla fine resta solo la metà anteriore (!).
Forse anche perché lo stesso Roger Moore, nonostante la veneranda età di 57 anni, rimane in forma smagliante: il suo carisma innato, il suo talento per l'umorismo più o meno sottile, la sua vena ironica e un po' smargiassa, rimangono inalterate e riescono, a mio parere, a compensare il fatto che fisicamente ha perso buona parte della sua baldanza. Certo, vederlo prendere parte ad azioni chiaramente al di fuori della sua portata fa sorridere, visto che quasi sempre è opera di stuntman pur mascherati e "nascosti" alla perfezione (sfido chiunque a riconoscerli), ma se pensiamo che al giorno d'oggi siamo abituati ai vari Stallone, Schwarzenegger e Vin Diesel che in età geriatrica continuano a rilasciare exploit action sul grande schermo, la sospensione dell'incredulità in fondo non ne risente granché. Un altro motivo potrebbero essere i villain, forse tra i migliori che la serie ha da offrire: pur non essendo scritti in modo particolarmente brillante, la coppia Max Zorin-May Day acquista punti già solo grazie al casting indovinato. Grace Jones è algida e perfetta nel ruolo del letale braccio destro, mentre Christopher Walken si diverte da matti a interpretare il primo cattivo di Bond a essere più un autentico psicopatico che un classico megalomane.
Interessante, anche se poco sfruttata, la sua backstory che lo vede come probabile prodotto di iniezioni di steroidi nei campi di concentramento, una specie di esperimento biologico malato mentale per difetti genetici.
In effetti, proprio lui rappresenta uno dei pochi elementi "nuovi" che qua e là fanno capolino nel film: pur rimanendo ancorato alla formula Moore, "Bersaglio mobile" è caratterizzato da un'impronta un po' più gretta e violenta; escluso l'excursus in Francia, le location per lo più statunitensi sono più urbane e affini a un thriller poliziesco del periodo che esotiche nello stile del Bond più classico, conferendo al film una sua identità tipicamente anni '80, enfatizzata dal concentrarsi su microchip e computer in modi finora inediti. Questa nota più oscura, forse un desiderio inconscio di chiudere un capitolo della serie e andare oltre, spostarsi su terreni più stimolanti, esplode prepotentemente nel terzo atto, che offre momenti scioccanti e inaspettati per gli standard della serie.
L'uccisione a sangue freddo del signor Howe nel suo ufficio e, in particolar modo, il massacro dei minatori per mano di Zorin e i suoi sgherri, restano ancora oggi tra le scene più forti che il franchise abbia da offrire, dirette tra l'altro con sorprendente estro.
Anche l'umorismo risulta più defilato del solito, anche se quel poco che c'è è piazzato in maniera perfetta.
"Sono del servizio segreto britannico, mi chiamo Bond. James Bond." "E io sono l'Uomo Ragno. La dichiaro in arresto!"
E' facile vedere come certi elementi abbiano alienato un pubblico ormai abituato a un Bond più "per famiglie" e lo stesso Moore in seguito vi farà riferimento in toni non proprio lusinghieri. Ma per il resto, lo spettacolo continua a viaggiare su alti livelli, pur senza raggiungere le vette dei precedenti film e il ritmo rimane costante, senza decelerare troppo.
Resta impresso il roboante finale sul Golden Gate Bridge, mentre forse la statuetta per la scena d'azione meno interessante e più spenta è l'inseguimento per le strade di San Francisco, nonostante l'indovinata idea del camion dei pompieri fuori controllo e la presenza di un buffo ufficiale di polizia, Sceriffo Pepper della situazione.
Il resto del cast assolve il proprio compito, con Tanya Roberts adeguata al proprio ruolo di Bond Girl Standard e i vari comprimari dell'MI6, fra i quali la Moneypenny di Lois Maxwell alla sua ultima apparizione. Si fa ricordare più di tutti il Sir Godfrey Tibbett di Patrick McNee, ex star della serie "Agenti Speciali" la cui alchimia con Roger Moore crea alcuni esilaranti siparietti che non stonano. A completare il quadro le musiche di John Barry, che qui si accoda ai toni generali del film, senza aggiungere nulla di nuovo al sound adottato dai tempi di Moonraker; fa eccezione la fantastica canzone tema dei Duran Duran, fra le più trascinanti del periodo. "Bersaglio mobile" paga lo scotto di una realizzazione competente ma nella norma e di un attore protagonista inevitabilmente invecchiato; per molti sarà impossibile mettere da parte certi difetti, ma io ammetto di riuscirci senza difficoltà. La voglia di cambiare è nell'aria e presto la parentesi Timothy Dalton darà modo al team di Bond di apportare dei cambiamenti più sostanziali, ma nel frattempo, sia come commiato allo 007 di Roger Moore, sia come avventura a sé stante, il film soddisfa pienamente le aspettative. VOTO: 9