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CESARE DEVE MORIRE regia di Vittorio Taviani, Paolo Taviani

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Invia una mail all'autore del commento kowalsky     8 / 10  08/04/2012 20:46:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Niente filmino educativo europeo di quelli che fanno sorridere e dire all'ipocrita di turno "uh quanto sn bravi e simpatici questi delinquenti...". Niente di tutto questo. I migliori Taviani degli ultimi trent'anni partono da questo presupposto. Bravi sì, "loro", perchè ciascuno di noi è in fondo prigioniero delle proprie catene, anche se il peso che porta è ben diverso. I volti con facce scolpite dal tempo, quel "tempo", strana parola che interrompe una deprimente continuità. Una discesa agli inferi, e non c'è bisogno dell'ultimo Sokurov a ricordarlo. Tensioni che implodono "per colpa di Shakespeare" raccontando una colpa soggettiva, simbolica e simbiotica, mai astratta. Una via crucis quasi preannunciata nella morte, cfr. indimenticabile l'ultima apparizione di Cesare con i suoi "discepoli" prima dell'atto finale.
Come nella vita, che paradosso sentire parole tipo "libertà, la tirannìa è morta" e non capire chi etichettare nella Vestale di Sodoma o Gomorra? I responsabili di questa recita dietro quelle mura stanno lì a seppellire l'antica sopraffazione, basta solo animarla per acuirne le dipendenze. Un breve miraggio di fuga alberga quando tutto si chiude, ermeticamente, nuovo segno del tempo. Molto molto Bressoniano, in forma ma non nella sostanza: perchè qui si "grida" il livore, sguardi che parlano e non pensano soltanto.
Unico neo, il limite della rappresentazione (e questo bisogna dirlo) come unica fonte possibile per esprimere la denuncia sociale di cui l'Italia non è ancora capace (v. l'ingessato Giordana su Piazza Fontana)