strange_river 9 / 10 19/03/2012 23:39:08 » Rispondi Come già detto in altri commenti, anch'io penso che solo da una profonda maturità umana e artistica poteva nascere un film come questo: ci voleva una mano fermissima unita ad una lucida consapevolezza per essere in grado di rappresentare due piani narrativi, farli scorrere paralleli per poi andare a fonderli perfettamente in uno solo, dove messa in scena e realtà sono la stessa cosa. Ci voleva altresì un grande coraggio per ordire un tale azzardo, sia in termini cinematografici che di significato civile. Il carcere non solo è elevato a straordinario palcoscenico teatrale dell'opera shakespeariana, ma diventa il luogo reale di quella tragedia stessa; i detenuti non solo attori che prestano corpi e voce ai protagonisti del Giulio Cesare, ma essi stessi, la loro vita e i loro dolori, sono quei personaggi. E' sufficiente la scena, bellissima, dell'elogio funebre di Antonio in quel cortile di cemento inondato di luce per sentire quale forza vitale attraversi questo film, da quale passione sia pervaso, da quanta verità sia attraversato. All'inizio li vediamo uscire detenuti dalle celle, al termine rientrano Cesare e Cassio e Bruto. Nella chiosa finale tutta l'amarezza di una sofferenza irrimediabile.