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LA FORESTA DEI PUGNALI VOLANTI regia di Zhang Yimou

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kafka62     8½ / 10  13/05/2018 15:43:11Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Il wu xia pan è ormai diventato un genere di moda anche in Occidente, perfino tra gli spettatori che il cinema asiatico lo hanno scoperto con "Lanterne rosse" e che non sanno nulla di King Hu e di Tsui Hark. Non si può pertanto parlare di sorpresa di fronte a questo film di Zhang Yimou, tanto più che dello stesso regista era all'epoca appena uscito nelle sale un film dall'impostazione praticamente identica, sia pure meno ambizioso, "Hero". Non perciò di originalità si può parlare a proposito de "La foresta dei pugnali volanti", ma di una maestria registica capace di portare il wu xia pan a rasentare la perfezione. Avevamo già visto combattimenti volanti (tra l'altro coreografati dall'immancabile Ching Siu-Tung, come ne "La tigre e il dragone"), ma la battaglia nel bosco di bambù ha una leggerezza, una fantasia e un dinamismo impareggiabili. Eravamo abituati alla bellezza dei paesaggi orientali, ma l'ambientazione della pellicola di Zhang Yimou, che sfrutta a meraviglia i colori autunnali e invernali (foreste violate da enigmatici fasci di luce azzurrognola, bianchi campi fioriti sul cui sfondo si stagliano alberi dalle foglie rosse e gialle, perfino un duello in mezzo a una tempesta di neve), lascia a bocca aperta per la sua magnificenza. Ci eravamo commossi per le gesta di tante leggiadre e invincibili eroine, eppure ci pare possieda un fascino straziante e inimitabile questa Tsiao Mei,

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER "La foresta dei pugnali volanti" è un film stupendo, tragico e poetico allo stesso tempo, visivamente raffinatissimo (i combattimenti sono messi in scena con la grazia e la levità di una danza, e le danze – il "passo dell'eco danzante" – hanno il ritmo e il vigore di un combattimento, gli stessi attori nei loro coloratissimi costumi sono di una bellezza smagliante, ancorché mai patinata), tecnicamente perfetto (la macchina da presa "vola" letteralmente insieme a frecce, lance e pugnali, il ralenti – grazie al quale un coltello in volo può tagliare a metà una goccia di sangue - è usato con sapienza sopraffina), avvincente nella trama (la cui ambiguità ricorda certi vecchi film di Kurosawa, in cui non si sa mai chi è veramente il personaggio che si ha di fronte: qui i tre protagonisti dissimulano più volte – nei loro confronti, ma anche verso lo spettatore – la loro vera identità, e la piega pirandelliana che prende il film nel finale fa sì che l'esito della storia, benché segnato come si è già detto dalla fatalità, non sia mai scontato) e dai contenuti dialetticamente complessi (Tsiao Mei è combattuta, come una moderna Antigone, tra ragion di stato e sentimenti, tra fedeltà e amore, tra codice d'onore e interesse personale). Se poi si aggiunge che Zhang Ziyi non ha nulla da invidiare a Gong Li si capisce perché ho amato "La foresta dei pugnali volanti" come "Ju Dou" o "Lanterne rosse".