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DIAZ regia di Daniele Vicari

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elio91     8 / 10  20/04/2012 23:30:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Viaggio all'inferno made in Italy... in tutti i sensi.
Film di denuncia, cara vecchia denominazione che nel migliore dei casi fa ribollire il sangue per la rabbia dell'ingiustizia e dei soprusi che mostra. Diaz è soprattutto questo.
Ero molto scettico prima di vederlo, ma non me la sento di condividere chi lo etichetta come film "commerciale". Che addirittura sia stato troppo morbido verso molti dei colpevoli, senza nome (nel film e nei titoli di coda), questo è vero.
Ma sembra paradossale parlare di "morbido" quando Diaz è uno dei film più sconvolgenti degli ultimi anni sotto il profilo della violenza.
Ricostruendo il tutto su testimonianze veritiere e accertate dalla giustizia (stia quindi alla larga chi parla di opera propagandistica), la pellicola di Vicari mostra una vicenda corale fatta di furia omicida, colpi brutali, pestaggi violentissimi, umiliazioni da dittatura cilena. O da "mattatoio messicano" per citare il vero poliziotto a cui è ispirato il personaggio di Santamaria, attore che come tanti altri colleghi convince appieno pur non avendo molto spazio a disposizione. Non c'è n'è bisogno.

Parlando del film in senso stretto, la vicenda corale estremamente minimalista nei profili psicologici un pò ricorda l'Elephant di Van Sant, ma non possiede la stessa ovattata girandola di vuoto. Qui si passa subito a bastonate, sangue che schizza dappertutto, denti che saltano, sadismo gratuito.

Vicari, inutile ripeterlo, ha fatto un lavoro eccellente. Senza sbilanciarsi neanche troppo perché come qualcuno ha fatto giustamente notare dei nomi non sono stati fatti, e la polizia ne esce sporca come non mai. Com'è giusto che sia. Quello che frange unite da un senso di appartenenza di fascistica memoria hanno fatto è stato un atto criminale tra i peggiori mai visti, da non dimenticare. Non pulite questo sangue, assolutamente. E se possibile, i panni sporchi laviamoli davanti a tutti, perché il tempo degli Andreotti che starnazzavano di lavarli in casa o dei Gian Luigi Rondi che stroncavano film perché il cinema non si deve occupare "di queste cose" è finito. Qualcuno ancora crede di no, altri timidamente accennano a ripetere le stesse cose, ma è cosi.

Avevo una fortissima voglia di inserire come chiusura di commento la bellissima e conosciuta poesia di Primo Levi, ma mi sembra talmente banale e ridondante a questo punto che lascio perdere.


Non mi stupirei se in questo paese, la nazione che ha fatto sparire giornalisti, politici, testimoni e prove, un giorno sparisse anche questo film. Il paese dell'eterna mistificazione.