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ACAB - ALL COPS ARE BASTARDS regia di Stefano Sollima

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outsider     7½ / 10  28/05/2012 11:56:53Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Allora, anche io ho visto questo discusso film.

Inizio col dire che si tratta di un buon prodotto, forse uscito in ritardo ai temi trattati, i cui richiami alla realtà non mancano certo e parlo proprio dei nomi e delle vicende, anche troppe e concentrate, direi.

La povera Giovanna Reggiani, barbaramente violentata da extracomunitari incivili, il povero eroe Filippo Raciti, vittima della barbarie da lotta allo stadio, il martire e vittima, da tutti compianto Gabriele Sandri, alla cui memoria va un doveroso pensiero di affetto, vittima di un esaltato con un'arma in pugno, gli orrori della Diaz e del G8, spesso richiamati e forse altro ancora citato in questa pellicola.

Il lavoro dietro le quinte e nella preparazione c'è stato, eccome. Ho personalmente visto un servizio con interviste dettagliate, qualche tempo fa, in TV a tutti gli attori.

Potrei scrivere molto, tanto, ricadrei in lungaggini stancanti perchè, comunque, al di là di quelle che potrebbero essere le mie modeste riflessioni, il film va visto e la riflessione è individuale. Non credo che il mio dire possa valere più di quello di un altro.
Rettifico: il film "va" visto se si nutre un interesse per l'argomento e per capire cosa accade quando l'uomo smette di vivere la sua individuale creatività e confluisce in un gruppo. Perchè questa è la realtà, lo scontro dei gruppi, il picchiarsi, il degenerare nella complicazione della lotta per nulla, per distruggere il prossimo sul quale, forse inconsapevolmente, si sfoga la rabbia individuale.
Certo, i motivi per la collutazione vengono raffigurati nell'opera, visti come inevitabili, ma, a parer mio, dietro tutte le dinamiche c'è lo stato ed il sistema stesso, i politici mangioni e strafottenti, la cui esistenza viene adombrata in più occasioni nell'opera.
Triste, tenera e reale, la vicenda di Negro che deve fre da padre in una separazione dalla moglie straniera, quella di Mazinga che non riesce a fare il padre di un figlio 16 enne ribelle, la solitudine di Cobra, la rabbia dell'ex poliziotto, lo smarrimento del "nuovo" del gruppo che non è riconosciuto come parte se non dopo che ha accettato lo stesso modus videndi: sei qualcuno solo se appartieni al gruppo.
Mai bestialità maggiore potrà entrare in contrasto con il modo di vivere per cui l'uomo è nato. Un uomo è tale in quanto realizza la propria individualità che reca seco un 'unicità inevitabile, data da innumerevoli fattori. Il rispetto per l'altrui integrità viene violato, anche quando la persona stessa non rispetta se stessa, annullandosi come essere singolo e aggregandosi ad un corpo. E' come se uno spirito di un uomo scegliesse di non vivere più come tale, ma di rinforzare l'opera di una schiera di demoni aggregandosi ad un corpo in cui sono confluiti altri. Che i poliziotti si riconoscano come angeli posso capirlo, ma questi sono celerini ed il regista non perde un'occasione, giustamentea parer mio, di sottolinearlo. Essi non vivono una vita propria, ma vivono in funzione dell'equilibrio in cui realizzare se stessi, dalle cui lotte uscire immuni e "assolti" da eventuali complicazioni. Molti i richiami al fascismo, non certo sottintesi ( vedi i poster nelle case). Tante, tante componenti mirabilmente inserite, anche se poi, alla fine, l'azione del giovane appare n parte non congrua alla storia, inutile, dannosa, non dignitosa in quanto sarebbe bastato uscire da un gruppo. La denuncia che il ragazzo mette in atto è come un suo voler rifiutare quelle esistenze.
Da evidenziare la capacità del regista, molto duro e asettico e pertanto bravo in questo, di far emergere come questi uomini, almeno quelli che vuole descrivere, aono morti dentro.
L'amore, la sessualità, la sensualità che si immagina possa essere parte di un essere nell'interscambio con una moglie od una fidanzata non permea la loro vita; non si vedono passion, hobby, che fossero il fai da te o la musica, il cinema o altri momenti. Non c'è in questi uomini l'amore per le piccole cose, per i momenti in cui fermarsi a fare qualcosa che dia serenità e piacere, come i lavare l'automobile o sistemare qualcosa; non c'è la spensieratezza di un sorriso nell'apprezzare uno spazio aperto, lo sport, un 'interesse culturale in cui l'individuo si realizzi come tale, con la sua famiglia, con se stesso, con la sua compagna. Quello che negli uomini c'è o viene anelato, in questi celerini semplicemente è assente, scomparso, ha lasciato il posto alla grigia e scura vuotezza di una vita amara, di un lavoro bruttissimo, in cui si ritrova o crede di ritrovarsi un uomo che ha l'arroganza di pensarsi diverso dal prossimo e specialmente da tutto il mondo che combatte e contro cui lotta, senza pace.
Qui la divisa diventa l'appartenenza ad un gruppo e solo in quello la persona si riconosce, sotto la divisa non vi è pelle, ma un'altra divisa da sgherro. La polizia non è un arma militare, ma un corpo militarmente organizzato in cui non ci sono solo gli eroi, come il mitico Commissario Betti, qui è doverosa la mia lacrima per la nostalgia di un Angelo del Bene quale era il nostro interprete Merli. Certo,Lui mai, nemmeno al cinema, forse, si sarebbe macchiato di quelle azioni. Dicevo, in quel corpo vi sono anche uomini comuni che hanno perso la strada della loro individualità, complice anche la durezza di queste circostanze barbare, ricreate dalla gestione politica cui, forse, alla fine, fa comodo tutto ciò.

Un buon prodotto, un film da vedere, anche se non eccelso, forse proprio perchè il tema è lungo, difficile, gli argomenti tanti. Un compendio allo studio della storia contemporanea, forse, per capire che gli errori ( vedi Sandri) o gli orrori della gestione politica dei controlli nelle manifestazioni ( Raciti da un lato e Giuliani dall'altro) costano caro.