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THE HELP regia di Tate Taylor

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oh dae-soo     7½ / 10  13/04/2012 15:00:44Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
mmm
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ho sempre sognato di iniziare una recensione così, con questa specie di onomatopea del dubbio insomma, perchè in realtà questo è quello che accade sempre, quando mi metto a scrivere non so mai che caspita dire, tutto viene un pò da sè.
In questo caso poi il mmm ha un duplice significato perchè per una volta pure io che solitamente fatico a vedere la furbizia anche quando è manifesta, stavolta ho davvero serissimi dubbi che The Help un pò furbetto lo sia davvero, forse persino più di un pò.
Quindi malgrado avrei potuto parlarne non bene, ma più che bene, sono un pò frenato da questa sensazione di confezionamento ad hoc, di scarsa genuinità e verità, di tentativo, peraltro riuscito, di strizzare l'occhio allo spettatore di turno.
Certo fare un film su un problema così mastodontico come quello del razzismo dell'America ani 50/60 può facilmente prestare il fianco a bubboni di retorica lì lì per scoppiare ma la sensazione che quasi ogni personaggio, ogni dinamica ed ogni tentativo di esprimere un concetto e un punto di vista sia un pò costruito a tavolino rimane.
Intendiamoci eh, The Help rimane un gran film, forse grandissimo, recitato in maniera meravigliosa, con una perfetta ricostruzione di ambienti e modi di vivere dell'epoca, con la sobrietà di non voler causare la lacrima facile e l'anti-cinematograficità di non costruire a tutti i costi scene madri qua e là.
Il cast è stellare, forse non nei nomi ma sicuramente nel risultato. Emma Stone si toglie i vestiti da easy girl e si tuffa alla grande nel suo primo personaggio realmente "impegnato" in carriera; Viola Davis e Octavia Spencer fanno a gara di bravura con la seconda a vincere ( Minny, la cuoca grassa) meritando senza alcun dubbio il premio Oscar assegnatole; e anche la figlioletta di Ron Howard è insopportabilmente brava nel personaggio di Hilly, razzismo serpeggiante nascosto in una vita finta come una quinta teatrale.
Certo, i personaggi sono quasi al limite del credibile, i bianchi ricchi, razzistissimi, raffinati e belve, i neri vittime, umili, buoni e intelligenti. Fortunatamente in The Help non mancano le eccezioni e forse è proprio nei personaggi secondari che credo di aver trovato il mio oro del film.
Ho trovato infatti straordinario il personaggio della madre di Skeeter (la ragazza giornalista che scriverà il libro,un libro vero tra l'altro, che dà titolo al film). Anche lei è imprigionata nella sua vita borghese di abiti confezionati e gioielli, di feste imbalsamate e di preconcetti ineliminabili, di apparenza che tiene l'essere sotto strati e strati di cerone. Ma è, a differenza degli altri, una donna intelligente, una che quella prigione di vetro la spaccherebbe a martellate, una che è prigioniera di sè sapendolo di essere. Non è un caso che sia la protagonista di quella che è per me la scena più bella del film, l'insensato licenziamento delle due cameriere a casa sua. Quelle lacrime agli occhi quando le accompagna alla porta valgono da sole la scrittura di un personaggio.
E straordinaria è anche Celia, la ragazza che vorrebbe essere come le altre ma non viene accettata. Troppo semplice, troppo pura, forse troppo stupida per trovare un posto nelle malvagie e leccate sovrastrutture tirate su dalle altre donne bianche. Personaggio tragico anche il suo, veramente notevolissimo. La scena in cui porta la torta ma non viene fatta entrare è costruita magnificamente.
Non mancano poi scene divertentissime come quelle del pollo fritto, quelle, forse troppo reiterate, sulla torta "particolare", o i water depositati in giardino (con la bambinella che come contrappasso ci fa la popò dentro). E anche nei dialoghi la sceneggiatura regala momenti notevoli, come Aibileen che raccontando della morte del figlio dice "io ogni anno il giorno della sua morte non riesco a respirare, per voi è solo un'altra partita a bridge" o come quando la stessa Aibileen dice alla fine ad Hilly " ma non sei stanca?". Ho trovato questa battuta di una bellezza terrificante perchè credo anche io che fingere una vita così, usare la cattiveria ad ogni piè sospinto, mancare del tutto di un minimo d'umanità sia una cosa incredibilmente stancante tanto da provare più pena che rabbia per tali persone.
E alla fine nella magnifica (ma furbetta) scena della bimba che sbatte sui vetri la propria disperazione non ho voglia di fermarmi a quello che mostra ma andare oltre.
Quella bambina non è soltanto una bambina che ha ricevuto più amore dalla sua serva negra che dalla madre bianca.
Quella bambina siamo noi ancora puri, ancora innocenti, ancora inconsapevoli di tanto schifo che la vita ci butterà poi sopra.
La bambina sbatte sui vetri perchè ancora le cose non le sa. Ma le saprà.
Non lo sa mica cos'è il razzismo, cos'è la cattiveria, quali sono talvolta le aberranti leggi dell'uomo.
Non sa niente, come non sanno niente tutti i bambini, e non c'è mai stato un non sapere più bello di questo.
Magari noi cara bimbetta potessimo piangere per questo. Piangere semplicemente perchè una persona se ne va, perchè il cuore ci si spezza.
Magari noi potessimo non sapere tutte le cose che stanno dietro al far andare via una persona o al far spezzare un cuore.
Magari noi cara bimba.
Magari noi.