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IL VOLTO regia di Ingmar Bergman

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amterme63     8 / 10  12/11/2010 12:00:01Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Tutte le volte Bergman mi meraviglia per come riesce a elaborare in maniera originale gli stessi identici temi. Ci mostra un qualche aspetto nuovo, una diversa prospettiva e soprattutto riesce a coinvolgere e appassionare.
In genere si parte da vicende normali e comuni, nello sviluppo delle quali si inseriscono spontaneamente i temi universali. Nel "Volto" siamo nella Svezia di inizio ‘800 e abbiamo a che fare con una compagnia un po' scalcinata di artisti di strada, propinatori di magie, ipnosi e filtri curativi. Per svolgere il loro spettacolo dovranno ottenere un lasciapassare e sottoporsi a una specie di esame da parte di un medico scettico e nemico delle "superstizioni", di un ipocrita poliziotto e di un governatore (con relativa consorte) annoiati e affascinati dal "misterioso".
Con grandissima abilità (sceneggiatura impeccabile) si mostra un modo di essere con tutte le sue ragioni "positive" (anche il "sovrannaturale" viene trattato come se fosse qualcosa di reale ed effettivo – il medico ha le sue ragioni indubitabili e la sua smania irrispettosa di analizzare tutto secondo i suoi principi), per poi mostrare impietosi gli inganni e le debolezze (il sovrannaturale è tutto una montatura ma anche il medico ci fa una brutta figura, cadendo come un pivello nelle "illusioni").
L'idea che ne viene fuori è di un mondo imperfetto in cui tutto può essere vero come può essere falso, dove c'è un'immagine esteriore e una effettiva che dimostra come quella pubblica fosse ingannevole. Su tutto domina la sincera, profonda e spassionata ricerca di Bergman di esaminare i tanti perché e i dubbi dell'esistenza umana. Esiste effettivamente qualcosa che non riusciamo a percepire con i sensi (in sostanza Dìo)? Esiste l'amore? Possono due persone riuscire a stare insieme, amandosi reciprocamente? A cosa serve la vita? Che significato e ruolo ha la morte?
Bergan si affida all'arte di Shakespeare per questi suoi film. Dal banale si finisce in maniera naturale in meditazioni universali. Si propongono due piani, uno alto e uno basso che interagiscono fra di loro, rappresentando la grande varietà del reale (compreso il comico). Ci sono alcuni personaggi sui generis (qui un attore che sta per morire) che danno un tocco "speciale" e artistico notevole.
Il teatro quindi è l'arma vincente di Bergman, il teatro però non nella sua forma esteriore ma nella sua essenza artistica, cioè di espressione concentrata e intensa di vita umana. La mdp non fa altro che riprendere il concentrato artistico e spirituale della vita umana in forme eleganti, spontanee e studiate allo stesso tempo, estremamente efficaci e affascinanti.
Il grande merito è ovviamente degli attori: un immenso Max von Sydow (mamma quanto mi piace), un'impeccabile Ingrid Thulin, il fedelissimo e bravissimo Gunnar Bjornstrand e poi il poliziotto che più poliziotto non si può!