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IL VOLTO regia di Ingmar Bergman

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ULTRAVIOLENCE78     7½ / 10  06/08/2008 13:08:51Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Una sorta di fiaba cupa a lieto fine, giocata sul dualismo maschera-volto/realtà-finzione.
In questa antinomia, Bergman mette in scena il confronto tra il razionale e l'irrazionale, tra la verità scientifica e il bisogno immanente della metafisica, che qui si oggettiva non nella religione bensì nella superstizione e nella magia. L'incontro/scontro tra due mondi diametralmente opposti metterà in crisi i vari personaggi, determinando la caduta delle loro maschere e ponendoli di fronte alla realtà della loro condizione: così la maga si rivelerà una truffatrice, il capo della polizia -sbugiardato dalla propria moglie che in stato di ipnosi, smessi i panni della perbenista borghese, racconta tutti i particolari più degradanti della sua vita con il marito- un mediocre vizioso, e Vogler uno povero e spaurito mendicante lontanissimo dall'immagine potente dell'illusionista che può tutto con i suoi poteri taumaturgici; anche lo stesso medico Vergerus, che incarna una “weltanschauung” puramente razionalistica, al momento della messa in atto dello scherzo, rivelerà i segni di una latente crisi di coscienza. Insomma nulla appare com’è, e proprio perché la verità che si cela dietro le apparenze è spesso dolorosa da accettare e da manifestare, il ricorso all’impostura, alla menzogna e alla maschera diventa una necessità irrinunciabile; così come è imprescindibile nella vita, che altrimenti sarebbe un fardello insostenibile nel suo essere un vuoto senza scopo, il ricorso alla metafisica, cioè a un (non)luogo ove collocare la meta di ogni esistenza.
L’elemento fiabesco (che si può riscontare nella immagine della carrozza che si inoltra nel bosco nonché in quella della vecchietta rappresentata come una sorta di strega, e soprattutto nella ambientazione quasi atemporale) si sposa con la cupezza di certe atmosfere che, nei giochi di luci ed ombre e in talune parti narrative, si configurano come spettrali e macabre, ma anche con i toni ilari che venano altra parte del racconto e che culminano nel felice finale che sa un po’ di felliniano.
I punti di contatto con il “Settimo sigillo” sono svariati, ma siamo lontani dalla profondità delle caratterizzazioni contenute in quest’ultimo.