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CANNIBAL HOLOCAUST regia di Ruggero Deodato

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Project Pat     8 / 10  31/08/2016 00:09:15Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Mi piace pensare (anzi lo trovo doveroso) che un prodotto quale "Cannibal Holocaust", indubbiamente narrante tematiche d'estrema gravità e attualità, meriti una critica che non sia per la maggiore, né tantomeno unicamente circoscritta a quella che è la reale violenza perpetrata nei confronti di qualche animale: una critica dunque estendentesi ben oltre quello che alla fine, entrando nel merito, fu un fenomeno mica gratuito, bensì funzionale a un grado di realismo dell'opera il più elevato possibile, in quanto tale dotato orbene di una veste particolare, la quale lo rende, col senno di poi, almeno in parte giustificabile.

Se poi si aggiunge, continuando a razionalizzare, che non un lembo di quegli animali andò sprecato a dire di Deodato e co. (dato che essi contribuirono a sfamare tutto il set), le posizioni di critica al film di quanti allora si ersero e tutt'ora si ergono nel parlarne a paladini di fronte all'assassinio di un animale e nel contempo la sera a casa vanno in sollucchero davanti a un'amatriciana o a un branzino con patate (e sono la maggior parte), non sono certo degne d'essere considerate e le uniche a uscirne legittime sono di conseguenza quelle dei vegetariani, categoria inattaccabile che né mangia, né tantomeno uccide ma la quale, tolta la moda degli ultimi anni, non ha mai avuto più di tanto terreno fertile, estricandosi sempre in casi più o meno isolati.

Archiviato questo aspetto, trovo sia giusto parlare delle facce che rendono il film degno di sé, di quella che è la sua sostanza: la legge del più forte (quella della giungla, appunto, quella stessa legge che a più di qualcuno in passato fece gridare "Homo homini lupus"), i potenziali risvolti lesivi dell'utilizzo delle armi (maledettamente capaci di inebriare chi le impugna), il problema della censura all'interno dell'operato dei mass media (quegli stessi soggetti che, pur dettando le regole del gioco, ogni tanto sembrano avere crisi di coscienza), sono tutte problematiche del nostro secolo la cui esposizione traspare innegabilmente dalla pellicola, purché ci si metta nelle condizioni di trascendere, filtrare, di andar oltre quella che è la spietatissima forma, il che oggi può avvenire in maniera ben più facile di allora, dove il senso del pudore con relativi tabù limitativi regnavano sovrani. Quanto anzidetto vale anche per la violenza nel film a scapito dell'uomo, che se si voleva trattare in maniera ottimale un altro tema, quello della crudezza e della potenza della natura (della quale i cannibali costituiscono solo alcuni dei bestiali esponenti), non poteva non esserci e altresì non essere più realistica possibile (una domanda cui Deodato già rispose: l'aver dubitato allora persino della sua simulazione, non significò forse che il bersaglio fu centrato appieno?). A modesto parer mio, trovo che la questione sia tutta qui.

Concludo poi lodando la divisione del film in due parti (la prima, con una regia a norma tipica del classico film d'avventura e la seconda, quella con telecamera a mano e avente ad oggetto le vicende dei reporter), che non può che giovargli, dandogli un connotato ibrido piuttosto interessante.
«Mi sto chiedendo chi siano i veri cannibali»: è questa la frase che, da sola, potrebbe tranquillamente spiegare il film.