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JOSE' E PILAR regia di Miguel Gonçalves Mendes

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elio91     8½ / 10  20/12/2011 18:41:06Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
«Spero di morire lucido e a occhi aperti»

Il voto è ovviamente relativo ma questo è un documento storico di valore enorme.
Poi io amo Saramago, non è solo il mio scrittore preferito ma un vero e proprio maestro che non finirò mai di ringraziare. Scoprire il suo lato privato è qualcosa di quasi scioccante, ma solo inizialmente: persona schiva, triste come traspare dalle sue molte interviste... ma anche marito che a un certo punto da una pacca sul sedere alla moglie Pilar, come uno dei tanti macho rozzi.
C'è all'inizio una scena in particolare che sorprende: José accende il computer, mette della musica classica nello stereo, si siede davanti la scrivania. Sembra tutto pronto per la stesura di uno dei suoi magnifici romanzi. La telecamera si avvicina e vediamo che il nobel portoghese invece si sta facendo una partita a solitario, una "lotta contro l'alzheimer".

Questo ritratto privato restituisce due figure imprescindibili l'una dall'altra: quella del Saramago uomo prima che scrittore, e la moglie Pilar Del Rio, organizzatrice di eventi e di vita, traduttrice, giornalista e factotum. Sono due anime in simbiosi è ciò che salta all'occhio è il loro rapporto incredibilmente solido: si toccano quando possano, anche solo sfiorandosi soltano, Saramago la cerca in continuazione nei momenti di confusione o di difficoltà e lei è sempre lì per lui.
Ora questo documentario racconta sprazzi della vita dei due dal 2006 al 2008: la genesi e la scrittura del "Viaggio dell'elefante", i continui viaggi estenuanti per il mondo in un ritmo folle e matto, la malattia di Saramago che poi lentamente si riprende sempre con Pilar al fianco.
C'è la schiettezza dello scrittore, che non esita a rispondere ad una lettera del Dalai Lama che gli chiede di unirsi ad un comitato "E che vuole? Il personaggio non mi è proprio simpatico...".

E vi sono anche le riflessioni di un pensatore straordinario, umanissimo, capace di emozionarsi più volte fino alle lacrime parlando della moglie "senza la quale sarebbe già morto", o di piangere di fronte alla prima di un film tratto dal suo romanzo più famoso "Cecità".

«Di0 non ha bisogno dell'uomo se non per essere Di0. Ogni uomo che muore è una morte di Di0. Quando l'ultimo uomo morirà, Di0 non risusciterà»

E ancora l'assurdità di un paese d'origine, quello portoghese, che ha ignorato spesso e volentieri la fama del suo scrittore più famoso a causa delle posizioni religiose e politiche. Si riaffaccia in questo documentario il momento del riavvicinamento di Saramago al Portogallo, dopo gli anni passati in volontario esilio sull'isola di Lanzarote, si riflettono le accuse di molti alla moglie Pilar di averlo strappato al Portogallo e avvicinato alla Spagna per mero interesse, manco fosse una sorta di Yoko Ono ante litteram.
No, in realtà questo è uno di quei documentari capaci di fare ancora più chiarezza su una delle personalità più lucide del secolo appena passato e di quelli a venire, uno scrittore per sbaglio che è arrivato tardi alla decisione di dedicarsi alla narrativa (sessant'anni, lo dice lui stesso), e che ha vissuto gli ultimi venticinque anni della sua vita con ritmi indiavolati girando l'Europa e l'America per parlare, parlare, parlare.
Diventa una dedica, l'ennesima anche oltre la morte, a Pilar quando nel finale José le fa l'ultima promessa...