frine2 10 / 10 16/12/2005 02:23:39 » Rispondi Richiede molta attenta concentrazione, ma il premio è grande. A parte l'accuratezza della ricostruzione storica (naturalmente, la perfezione non è di questo mondo, e qualche incongruenza nei dialoghi si nota), il punto di forza del film è la caratterizzazione di Giovanni. Coraggioso, audace, perfino criminale, ma comunque nobile, il giovane rampollo di casa Medici è l'inopinata vittima di un radicale cambiamento delle tecniche di guerra. Quel cambiamento che segnerà il passaggio dal tradizionale scontro cavalleresco alla guerra totale dei nostri giorni. La psicologia del protagonista è il perno su cui ruota la critica di Olmi nei confronti della guerra, flagello devastante e imprevedibile, di cui si conosce l'inizio ma non la fine. Giovanni è ferito, sottovaluta il problema, si cura sommariamente e gioca a carte con i commilitoni. Quando viene trasferito a Mantova, comincia a intuire la gravità della situazione, quando vede gli affreschi lascivi di Giulio Romano incombere su di lui come un sinistro presagio. Accetta qualsiasi soluzione, sempre lucido e impavido come un vero aristocratico, ma di fronte alla catastrofe imminente ha una reazione tanto infantile quanto disarmante. I ricordi di un recente passato (la forza, la gloria, l'amore) si affastellano nella sua mente. Ma è troppo tardi. Il destino di Giovanni è quello di ogni soldato moderno, costretto a misurarsi, con crescente sgomento, con armi sempre più distruttive e sofisticate. Ma il film contiene un'ulteriore implicazione: la sofferenza di Giovanni è la riproposizione di quella di Cristo. Dobbiamo immaginarci un Giovanni perdonato e salvo, perché ha scontato tutto. Il vero senso del film è la redenzione. L'ambientazione , in un certo senso, è solo un contorno....ma è di prim'ordine, e tale da qualificare il film di Olmi come la migliore pellicola storica degli ultimi anni.