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BABYCALL regia di Pål Sletaune

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Invia una mail all'autore del commento ilSimo81     6½ / 10  18/11/2014 12:30:45Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
In fuga da un passato traumatico, Anna tenta di iniziare una nuova vita insieme al figlio Anders in un quartiere anonimo di Oslo. Ma i fantasmi sembrano ritornare quando capta altre voci attraverso il babycall.

Nel 2011, il norvegese Sletaune torna sugli schermi con "Babycall", dopo il buon "Naboer" del 2005. V'è più di un filo rosso tra le due pellicole. "Babycall" ripropone le atmosfere cupe e opprimenti, il freddo anonimato dei quartieri norvegesi, il condominio come metafora della mente, anime tormentate che non scindono realtà e immaginazione.
Ritorna protagonista Kristoffer Joner, ma stavolta in supporto alla svedese Noomi Rapace, nota ai più per la trasposizione cinematografica della trilogia "Millennium" (scritta dal suo connazionale Stieg Larsson) ma consacrata al cinema dalla magistrale interpretazione in "Daisy Diamond" (2007). E' il volto di quella Daisy che ritorna in "Babycall": una madre angosciata, isterica e psichicamente turbata - ruolo perfetto per la Rapace, nata con l'espressione drammatica nei lineamenti e ancora una volta superlativa nel caratterizzare il personaggio.

E' proprio questo scavare in profondità nella devastata psicologia della madre uno dei maggiori pregi di "Babycall"; film che inoltre gestisce sapientemente l'argomento delicato della violenza sui minori, senza derive sfrontate o svilenti, e riproduce efficacemente un crescendo di drammaticità, facendola trasudare dalle ambientazioni, dal sonoro, dalla pacatezza (che però a volte si traduce in esasperata lentezza).
Innegabilmente, quindi, la pellicola dice molto; purtroppo però presenta cadute in termini approssimativi: semina indizi, suggerisce interpretazioni e fornisce suggestioni, ma allo stesso tempo lascia questioni irrisolte e mancanze inspiegabili. Imperfezioni che purtroppo incidono sul giudizio finale.
Incompiuto.