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WARRIOR regia di Gavin O'Connor

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     6 / 10  14/11/2012 13:54:39Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Tommy combatte per tenere fede ad una promessa, Brendan per non farsi pignorare l'abitazione a causa dei debiti. Sono fratelli e ad accomunarli c'è solo una cosa oltre al legame di sangue, ovvero l'odio verso il padre ex alcolizzato – l'ottimo e consumato Nick Nolte- il quale non deve aver fatto passar loro una bella infanzia. Decidono di partecipare a Sparta, torneo estremo di mixed martial arts che in caso di vittoria garantirebbe una cifra di quelle che mettono a posto per sempre.
La consolante parabola riguardo una famiglia dilaniata dal dolore e che attraverso l'impegno sportivo trova i presupposti per ritrovarsi mi ha dato l'impressione di funzionare poco tra banalità e retorica a buon mercato.
Ammetto si tenti una descrizione dei personaggi scrupolosa, congiunta al tentativo di comporre un quadro realisticamente dolente. La scelta di attori capaci al posto dei soliti cagnacci che popolano questo genere di produzioni corrobora la volontà di Gavin O'Connor di andare oltre una sguaiata muscolarità ed infatti Tom Hardy, nuovamente grosso e minaccioso come ai tempi di "Bronson" è la punta di diamante, interprete di spessore tra i nomi più interessanti degli ultimi anni.
La ambizioni però restano periferiche, l'attenzione converge più sulle scene di lotta che sulle dinamiche tra fratelli con padre terzo incomodo, apparendo coinvolgenti fino a un certo punto. Il massiccio livello di testosterone mette in secondo piano ogni riflessione sull'intimità di un terzetto che sembra sopravvivere unicamente attraverso la violenza, elemento ritornante da cui l'unico in grado di disancorarsi sembra Brendan, non a caso il solo capace di costruirsi una famiglia per la quale valga la pena pigliar legnate a tutto spiano.
Addirittura nell'intelaiatura "Warrior" scontenta, troppo devoto a film come "Rocky" o ad altre pellicole sull'argomento dalle quali finta di scostarsi per poi tornare a battere sempre nel medesimo punto, giustificando tramite la metafora spiccia del combattimento l'unico modo per azzerare le difficoltà.
Confezione soddisfacente, regia sicura nelle scene clou e un epilogo furbetto, però personalmente oltre ai muscoli ho notato poco altro.