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KOTOKO regia di Shinya Tsukamoto

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Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73     8½ / 10  01/10/2013 14:28:13Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
La consapevolezza di non poter essere madre adeguata e la disperazione che ne consegue. Da questo toccante tema nasce il tormento viscerale generato dalla follia e da duplici visioni che infestano la mente della protagonista, forse causate da un compagno - in realtà mai esplicitato come tale - adorabile con il bimbo ma violento nei confronti della moglie.
Kotoko, questo il nome della protagonista, rimasta sola con Daijiro, matura una sorta di iperprotettività nei confronti del piccolo che la inducono ad assumere atteggiamenti pericolosi non solo nei confronti di se stessa, tra l'altro già tendente all'autolesionismo. Il baratro della follia la invoca con crescente insistenza, e a Kotoko viene tolto il figlio. La rinascita sembra passare per la bizzarra e sadomasochistica relazione con uno scrittore (il regista stesso) che le consente di riconquistare l'affidamento del pargolo ma non quella stabilità che per un attimo ha fatto capolino.
Paura e momenti di alta commozione, squarci di precaria felicità e un pizzico di ironia: Tsukamoto scava nella mente della donna restituendone un profilo dissennato coscientemente e di conseguenza divorato da ciò. Lo stile frenetico del regista nipponico si ravvisa nei momenti più drammatici anche se i deliri cyberpunk riecheggiano lontani, siamo più in un contesto intimista sottolineato dalla colonna sonora affidata alla voce della protagonista, ovvero la cantante Cocco che si rivela interprete di notevole potenza espressiva.
Realtà e allucinazioni si rincorrono, non vi è certezza perchè i due stati si mescolano; lo scrittore stesso potrebbe essere il frutto di una mente che ha bisogno di un placebo psichico per ritrovare stabilità aderendo al ruolo che le compete. Tutto è urlato in faccia attraverso scene al limite dello shockante, Tsukamoto risparmia poco riuscendo comunque ad ammorbidire attraverso delicate connessioni la condizione della poveretta, il cui istinto materno brucia in un corto circuito di sofferenza pura, intriso di riflessioni e pensieri toccanti che lasciano spazio ad una condizione di enorme pena.