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UNA PURA FORMALITA' regia di Giuseppe Tornatore

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K.S.T.D.E.D.     9 / 10  04/06/2007 20:25:52Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Anni ‘90 e bagliori noir. L’uso(abuso) del termine si spreca ormai ad una cadenza inversamente proporzionale a quella in cui realmente risulta calzante. Uno di quei rari casi è, appunto, “Una Pura Formalità”.
Che la direzione presa da Tornatore sia questa è cosa abbastanza chiara considerando il subitaneo omaggio, dapprima solo intravisto ma palese poco più tardi, ad uno dei noir più citati, “La Fuga” di D.Daves. Questo è famoso anche e soprattutto per la ripresa in soggettiva a cui il regista ricorre per quasi metà film, ed è proprio con una ripresa in soggettiva che UPF si apre.. e fin qui; una manciata di minuti più tardi, però, Onoff dice “potete dirmi che ora è? O devo aspettare Humphrey Bogart”, protagonista, quest’ultimo, proprio del noir suddetto; a tal punto, quindi, lo spettatore non può non rendersi conto del genere a cui la pellicola, almeno inizialmente, vuol far riferimento.
La prima metà, infatti, ricalca fedelmente tutti i caratteri del genere; riesce a ricreare a quasi 50 anni di distanza le stesse atmosfere cupe e pesanti come un macigno; vengono ristabiliti i ruoli principali dell’investigatore e del sospettato; viene riproposto un forte pessimismo attraverso un’ambientazione quanto mai claustrofobica; viene dato un ruolo primario all’aspetto psicologico (elemento tipico dei neri di Lang), e viene posto l’accento su particolari fortemente caratterizzanti come la tipica lampada da interrogatorio che illumina il viso del sospetto.

Tuttavia, con l’andare del film il regista, senza troppa fretta, inizia a spargere semi di surrealismo su un terreno tanto fertile da farli crescere fino al punto che l’intera pellicola, ad un tratto, si libera completamente dell’ancora arpionata a quel realismo tipicamente noir e finisce per sfociare in un atipico giallo psicologico dal finale ultraterreno, annunciato, quest’ultimo, da un colpo di scena praticamente perfetto. Perfetto, come tutto il resto:
L’uso delle luci è impeccabile, l’illuminazione scava nei volti dei protagonisti, di Onoff in particolare, a volte travolgendoli con un ampio fascio di luce proveniente da una lampada posta su un tavolo a pochi centimetri, altre volte aggredendoli attraverso quella luce sinistra ed inquietante sprigionata da un temporale così presente da sembrare parte attiva della storia. La regia è anch’essa di altissimo livello, T. alterna riprese soffocanti sui protagonisti a mirabili piani-sequenza, come quello che vede la telecamera spostarsi dalla disperazione cantata di Onoff e affacciarsi dal balcone interno su “L. da Vinci” che, a sua volta dal piano inferiore, rivolge un compassionevole sguardo d’attesa verso l’alto, verso l’obiettivo, verso Onoff. Meraviglioso.

Quanto a Depardieu e Polanski, nient’altro che un esempio perfetto di capacità interpretativa. Buona la prova di Rubini e ottima quella di Cimarosa.

Insomma, a mio modesto parere, un film grandioso.


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Gruppo STAFF, Moderatore Invia una mail all'autore del commento Jellybelly  05/06/2007 17:44:04Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Sono...Sono...Commosso, ecco.
K.S.T.D.E.D.  05/06/2007 18:41:37Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Grazie grazie.
E pensare che ho pure dimenticato il secondo spoiler nel commento:

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