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C'ERA UNA VOLTA IN ANATOLIA regia di Nuri Bilge Ceylan

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pier91     9 / 10  11/09/2012 04:45:38Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Spoiler presenti.

Si parla spesso del coraggio della verità, meno di quello della dissimulazione, così come si associa la codardia alla menzogna, quasi mai alla confessione. Coerente ad una sensibilità dell'ambiguo questo di Ceylan è un film di sfumature, lontano dagli schemi comuni che dividono l'umanità in retta e criminale, vigliacca e integra.

Con la sua logica di azione e reazione il commissario raggiunge vertici di ridicolo. Indicativa la scena in cui premia l'imputato con la sigaretta che gli aveva precedentemente negato. La mediocrità si cela nella disciplina del pensiero, nelle gabbie mentali che non possono contenere un mondo tanto pigmentato.

Ho sempre pensato che esistesse un'enorme differenza qualitativa fra onestà e sincerità. Nel finale il dottore mente ma è onesto, su questo punto personalmente non nutro dubbi. La consapevolezza che il bambino sarà prima o poi sommerso dalla realtà non scalfisce la statura del gesto. Fra il "prima" e il "poi" passa la differenza fra innocenza stuprata e innocenza disincantata. L'incanto è del resto necessario, giustificato da quella fragilità che appartiene all'infanzia non per attribuzione ma per natura. Valutare la consistenza di una verità e attendere che diventi tollerabile è a mio parere un tratto fondamentale di ciò che l'espressione "prendersi cura" significa.

Mentre l'inganno perpetrato dal dottore è segno di un'intelligenza lucida e colma di pietà, quello che il procuratore infligge a se stesso ha una consistenza tutta diversa. Egli ha racchiuso in un canto profondo della sua coscienza l'unica terribile definizione che la morte della moglie merita. La necessità di raccontare il proprio dramma, pur attraverso la maschera di un fantomatico amico, sottolinea perfettamente la presenza di due volontà contrastanti. Se l'una ricerca la verità (la sua conferma) nelle parole altrui, l'altra ne tutela la sepoltura, e s'indigna ad ogni corretta insinuazione.
La stonata battuta su Clark Gable nel momento del rinvenimento del cadavere (emblematica riesumazione) non fa che rimarcare il dolore segreto del personaggio.


"C'era una volta in Anatolia" è un racconto arduo perché fortemente simbolico. Eppure alla fine ogni metafora trova la sua dimensione, si sente il sapore inconfondibile delle cose universali.