amterme63 7½ / 10 16/04/2012 18:27:49 » Rispondi Pur nelle sue imperfezioni, questo film mi è piaciuto e mi ha regalato una bella serata al cinema. Personalmente lo ritengo un film stilisticamente nella scia dell'attuale revival nostalgico del film classico sentimentale, suggellata da quel capolavoro che è "The artist". Anche qui ci troviamo di fronte a una storia sentimentale, a una forma di amore totalizzante che tanto andava di moda nel cinema di una volta (oggi immiserito da storielle banali o estreme, reso innaturale dal cinismo connaturato all'attuale sentire comune). Anche qui si celebra l'arte quale unica forma di nobilitazione umana, da seguire in tutto e per tutto, cocciuti e risoluti, fino all'autodistruzione. Anche nell'uso della tecnica ci si rifà all'uso di tutto ciò che è moderno e all'avanguardia per riprodurre l'aspetto del passato (vedi Hugo Cabret). Di particolare "Pollo alle prugne" ha la forma di riproduzione fittizia del reale, tramite ricostruzioni grafiche di studio. Questa aspetto introduce alla peculiarità di questa pellicola, che è in fondo anche il suo limite: lo stare continuamente in bilico fra resa realistica e resa fittizia. Fin dall'inizio c'è il contrasto fra localizzazione e temporizzazione ben precisi e il tipo di storia e il modo con cui viene raccontata, che ci fanno capire che abbiamo a che fare con una storia fantastica, una fantasia. Il film quindi si svolge in un continuo altalenarsi fra serietà sentimentale, profondità di sentimenti e ironia, leggerezza, distacco critico nei confronti dei personaggi. Non sempre questi due aspetti si amalgamano fra di loro, tanto che spesso si è incerti se prendere sul serio quello che avviene (e quindi piangere e angosciarsi per le sorti del protagonista) o se invece prendere tutto come un gioco. La tecnica narrativa fatta a incastri narrativi a flashback (o flashforward) si dipana lentamente e solo nel finale si riesce a capisce la natura sostanzialmente sentimentale e nostalgica del film. Non si riesce però a cogliere del tutto (secondo me) le ragioni dei personaggi, di alcuni si perdono le ragioni.
Perché la moglie di Nasser da innamorata, improvvisamente si rivela acerrima nemica? Perché ha voluto per forza sposare lui, anche se vedeva che lui non la amava? Poi perché Irane alla fine finge di non riconoscere Nasser? Si è così indurita? Perché procurare così tanto dolore in una persona?
Non è che poi alla fine tutto si risolva in una condanna del protagonista, il quale in fondo ha fallito tutto nella sua vita? Oppure non è colpa sua ed è solo una vittima? Il tutto viene lasciano in sospeso in un finale secondo me un po' forzato, non lasciato allo svolgersi degli eventi, ma voluto appositamente così.
Infatti secondo me il finale ha un preciso valore stilistico. In reazione alla "restaurazione" del lieto fine operata da "The artist", qui si è voluto apposta restare fedeli al trend attuale di crollo delle illusioni, di sfiducia nell'umanità. Il finale quindi ripropone il pessimismo ormai diventato normale e usuale nel nostro cinema. Come una volta ci si aspettava il lieto fine nei film, adesso o ci aspettiamo un finale aperto oppure non meraviglia e si accetta come ineluttabile un finale tragico. Così è per questo film. Ed ecco che un film iniziato con leggerezza, con ironia, come un gioco, finisce in maniera tragica, senza appello, lasciando sgomento, pessimismo, dolore.
Capisco chi è rimasto perplesso, come capisco chi si è commosso. Comunque, anche nelle sue imperfezioni, il film è esteticamente molto bello, diverte, è recitato magnificamente e lascia un bel ricordo.