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L'INVASIONE DEGLI ULTRACORPI regia di Don Siegel

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ULTRAVIOLENCE78     8½ / 10  24/08/2008 21:15:50Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
Uno dei migliori classici della fantascienza, divenuto nel tempo una vera e propria pietra miliare del genere.
Il film si struttura narrativamente in maniera a dir poco impeccabile, secondo uno stile che fa della linearità e della semplicità la sua forza, e sulla scorta del quale si sviluppa una trama che avvince dal primo all'ultimo momento senza un minimo cedimento sotto il prifilo del pathos.
Nell'incedere del canovaccio si obiettivano la riflessione nonchè l'invettiva rivolte al "modus vivendi" su cui è imperniata l'esistenza dei cittadini-medi occidentali, mettendone a fuoco la futilità e la fatuità in spregio ai valori veri e soprattutto a un sentire puro votato a sentimenti ed emozioni sinceri e profondi. Gli ultracorpi costituiscono, in questa rappresentazioni, il riflesso di noi stessi: il simulacro dell'uomo moderno incapace di abbandonarsi alla propria emotività per cedere al vacuo conformismo imperante in cui tutti devono essere uguali e seguire i dettami imposti dall'esterno. A queste condizioni, la vita diventa già morte e gli uomini "i morti che camminano" (sulla tematica esplorata da Siegel insisterà con ancora più forza il regista Romero nella sua trilogia degli zombi) e che vagano sulla Terra incapaci di dare senso alla propria esistenza senza scopo. Nella massa di folli che si agitano nella propria incoscienza e nel proprio torpore indotto emerge, però, qualche savio: gli illuminati, coloro che sono in grado di guardare al di là della superficie delle cose percependone l'insensatezza che ne è alla base, sono sempre più rari ed a loro è demandato il compito (decisamente arduo, per non dire impossibile) di guidare i folli al ritorno alla vita, rischiarandone le menti ottenebrate dalla a-cultura borghese e dalla falsa etica su cui è impostato il vivere sociale, secondo un sentire della comunità civile che rappresenta la morte dell'individuo: ossia il venir meno dell'unicità del soggetto, che fa posto a un vuoto e fallace senso di appartenenza.
Il finale è benaugurante ma, ahimè, lontano dalla realtà.