caratteri piccoli caratteri medi caratteri grandi Chiudi finestra

PINA 3D regia di Wim Wenders

Nascondi tutte le risposte
Visualizza tutte le risposte
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67     10 / 10  20/11/2011 02:57:05Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
(Premessa doverosa: purtroppo ho potuto vedere il film in versione 2D e va considerato un mezzo miracolo che in una regione piccola come le Marche sia programmato in ben 3 sale...)

Corpi umani che sfidano continuamente la gravità. Corpi umani che sfidano se stessi nello spazio. Corpi umani che non si risparmiano attivando e muovendo ogni minimo muscolo. Corpi umani che devono tradurre esteriormente ogni più piccolo e impercettibile movimento interiore. Senza requie, senza limiti. Dall'anarchia dell'inconscio e delle individualità Pina Bausch costruiva intere pièces che richiedevano un rigore e una disciplina collettiva esemplari. Eppure nessuna individualità veniva sacrificata, anzi, semmai era potenziata e spinta ai limiti del (o forse addirittura oltre il) possibile. Per comunicare tutto ciò che non si può dire con la parola e che rappresenta lo spazio della danza.

E poi gli oggetti, gli ostacoli di ogni danzatore. Oggetti da usare, modellare, scalare, sicuramente da sfidare. Contro se stessi. Contro la gravità, nuovamente. Una sedia può essere mero ingombro da scansare o trasformarsi in costruzione entro la quale insinuarsi, o ancora strumento di leggerezza e libertà da scavalcare con disinvolta leggiadria. Dipende da come la si usa, da come la si immagina in scena.

Ma la scena non coincide necessariamente col proscenio di un teatro; ogni luogo, specie se "estremo", è luogo di danza perché la danza per Pina Bausch "è" la vita e la vita si svolge in ogni luogo. Specie vicino a precipizi o a punti di soluzione di continuità nello spazio.

Chi più del "regista dei luoghi" per eccellenza -Wim Wenders- poteva rendere plasticamente al meglio il messaggio viscerale e potente dell'amica Pina Bausch?

E pensare che Wenders non è mai stato attratto dalla danza come forma d'arte (così ha dichiarato); almeno finché non ha conosciuto Pina. E, non casualmente, proprio il "profano" Wenders ha saputo restituire in pieno il senso profondissimo della danza "eversiva" della cara amica morta l'anno scorso. Più e meglio di quanto avrebbe potuto fare un professionista del settore.

Ancora una volta il regista tedesco dà il meglio di sé descrivendo l'arte altrui attraverso la propria: dopo quel capolavoro che fu "Buena Vista Social Club", Wenders si ripete con quest'ultima meraviglia degli occhi, delle orecchie, ma soprattutto, dello spirito.

Intelligentemente, l'omaggio a Pina Bausch passa attraverso le testimonianze visivamente mute e sonoramente in voice-off dei componenti della sua compagnia di Teatro-Danza. Perché non c'è niente di meglio che far memoria di una persona estinta attraverso ciò che lascia di più profondo in chi l'ha incontrata da viva avendone condiviso porzioni importanti e fondamentali della propria esistenza. E così, partendo dalle specificità emotive di ognuna e ognuno, Wenders ricostruisce il percorso umano e artistico di questi straordinari performer (parlare di ballerini è davvero riduttivo) preservandone l'individualità e mostrando quanto abbiano dato nella costruzione dei visionari spettacoli concepiti da Pina Bausch. E rendendo al meglio quanto Pina Bausch ha lasciato in loro. In questo senso fondamentale è stata la scelta del distributore italiano di non doppiare le parti parlate del film (poche, in verità) restituendoci così i contributi originali di questi Artisti fin nelle minime sfaccettature delle loro voci.

Non si può rimanere indifferenti alla visione degli spettacoli e delle performances "estreme" della Bausch: tutte le gamme delle emozioni e delle situazioni umane vengono scandagliate con precisione chirurgica, ogni movimento apparentemente anarchico viene ripetuto con ossessiva perfezione spesso aumentandone al parossismo il ritmo e la cadenza (semplicemente geniali e inquietanti le situazioni di "Caffè Müller" intorno al rapporto tra l'uomo e la donna innamorati, per esempio); la danza, normalmente aulica, austera, aristocratica, si "imbratta" matericamente prendendo vita (potentissima la coreografia danzata sul pavimento da una ballerina mentre un'altra le getta addosso palate di terra, per non parlare delle figure nell'acqua, con l'acqua, sulla roccia e con la roccia di "Luna piena").

Ma le emozioni più controverse, sofferte, laceranti e violente sono quelle che vanno a disturbare il pubblico colpendolo dritto al cuore: come non provare disagio estremo di fronte alla ballerina trattata come un oggetto dall'intero corpo di ballo maschile o di fronte al terrore di offrire la veste intima rossa all'uomo della prima performance o allo spiaccicarsi come mosche dei ballerini sulle pareti trasparenti del Caffè Müller o alla dolorosissima mancata fuga della ballerina legata a una lunga corda tesa che la imprigiona?

Come spesso accade nei film del regista tedesco, l'immenso atto d'amore che questa volta Wenders fa (e ci fa) per Pina Bausch, diventa un viaggio esperienziale nelle emozioni e nei sentimenti più profondi di noi stessi. Che può ammaliare o respingere con altrettanta violenza. A seconda che i sentimenti si voglia affrontarli, scalarli, attraversarli o, viceversa, li si voglia allontanare da sé.
Invia una mail all'autore del commento LukeMC67  03/12/2011 12:41:59Nuova risposta dalla tua ultima visita » Rispondi
(Ri)visto in 3D... da pelle d'oca: finalmente questa tecnica viene usata in senso pienamente artistico (solo Jackson col suo "Avatar" c'era riuscito finora). Utilissimo andarsi a leggere le note sul sito ufficiale del film. Diciamo che oltre il 10 non si può andare perché credo che raddoppierei il voto!
P.S.: Vogliamo parlare della colonna sonora?...